di Francesco Rubera
I governi Conte, oggi Conte bis, rispettivamente espressione di 5Stelle/Lega e, oggi 5 stelle/PD/Iv si presentano tra i più disastrosi governi della storia repubblicana, non solo per le scelte di spesa assistenziale del primo governo Conte, ma anche per la situazione emergenziale legata al fato nefasto che casualmente si è abbattuto con la pandemia in Europa. E’ certo che se qualcuno avesse immaginato una situazione sanitaria come quella attuale, non avrebbe di certo provveduto ad appoggiare misure di spesa assistenziale come quelle del primo governo che amplificano il debito pubblico.
Siamo passati dal reddito di cittadinanza (voluto dalM5S) e quota 100 (voluta da Salvini) che hanno inciso in maniera cospicua sulle già deboli
casse dello Stato, sino all’ennesimo D.P.C.M. restrittivo delle libertà economiche e di movimento
da “ristorare” attraverso sussudi assistenziali a pioggia, peraltro confusionari, sempre seguiti da manovre contraddittorie e spesso confliggenti con le misure adottate nella prima fase Covid/19 della scorsa primavera. Misure a volte illogiche, altre volte irrazionali, che vengono adottate su suggerimento dei tecnici.
Ad esempio non si comprende il coprifuoco notturno su tutto il territorio nazionale, non si comprende la chiusura totale della ristorazione e dei bar se gli stessi locali, durante la prima fase di emergenza erano stati adeguati alle misure di sicurezza previste dagli esperti, con cospicui investimenti sopportati dai proprietari delle imprese di ristorazione. Non si capisce a cosa sia servito l’acquisto di banchi scolastici a breve termine e il nesso con la pandemia, visto che occorreva intervenire a dimezzare le classi scolastiche nel numero, assumendo nuovi insegnanti e non sulle distanze tra alunni, incontrollabili ( come si fa a dire ad un bambino di 7 anni “stai fermo”?). Non si è capito se la colpa sia sempre e solo della movida o c’è dell’altro. Non si è compreso il conflitto stato/regioni della prima fase, seguito quello attuale, che oltre alla colorazione geo-pandemica italiana dello stivale vede una lotta interna tale da spingere Conte a richiedere la modifica del titolo V della costituzione. Non si è compreso attraverso quale strano calcolo matematico le diverse sfumature del giallo si trasformino sino a giungere al rosso, attraverso l’arancione, correndo nel tempo attraverso funzioni matematiche iperboliche che neanche Jules Henri Poincarè riuscirebbe a comprendere. Alcuni presidenti di regione in primavera invocavano la chiusura totale dei confini delle loro regioni, mentre adesso invocano la libertà di muoversi contro il semi-lockdown, imposto dall’ultimo D.P.C.M. matematicamente assistito.
Che paese è questo? Tra negazionisti, sovranisti, liberisti, complottisti e un governo che ci confonde le idee con teorie di eminenti virologi, fisico-matematici che calcolando la velocità dello starnuto riescono a stabilire un lockdown oppure il colore di una regione? Che senso ha l’Europa, colpita
pesantemente, che per la sua struttura politica non riesce a dare una risposta univoca al problema sanitario?
E’ certo che da destra a sinistra, sempre che ancora esista una collocazione ideologica della politica in uno spazio direzionale orizzontale, si è compreso che Trump ha perso le elezioni anche grazie al coronavirus che a volte impone scelte impopolari,
altre volte le stesse scelte prima impopolari diventano popolari, come è successo per eminenti presidenti di Regiine che nel primo lockdown propugnavano la chiusura totale dei confini e dello spazio aereo, nella seconda ondata autunnale, diventano di colpo libertari, l’importante è la popolarità. Ebbene, il Covid ha spiazzato anche il politico che credeva di agire nel mondo del politicamente corretto (o popolare).
Il virus ha giocato alla stessa stregua di quanto accadeva nel calcio ai portieri quando calciava un rigore Platinì. Ma nei rigori calcistici dei campioni c’è l’effetto di un tocco magico del pallone, una carezza di striscio che fa girare la sfera in un moto
circolare bizzarro verso la rete. Ed è proprio quel tocco che alla politica manca, poiché è difficile governare e prevedere l’effetto di una folla inurbana, a volte trogloditico/negazionista, altre volte imbarbarita dalle distrazioni della folla della movida, di fronte ad un nemico che non si vede e che continua ad uccidere come per gioco.
In questo ondivagare delle fatalità, perché tutto è stato affidato al fato dei virologi opinionisti, c’è stata una grossa responsabilità del governo Conte: l’aver cercato di equilibrare, attraverso esperti di virologia scelte economico-sanitarie che necessitavano di una soluzione di continuità graduale, senza l’interruzione estiva, ove si è passati dagli arresti domiciliari al libertinaggio incontrollato anche per l’incoscienza di un popolo imbizzarrito come un cavallo senza fantino.
Purtroppo noi italiani non riusciamo a cavalcare la nostra libertà, abbiamo bisogno di un fantino. L’ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato preceduto dall’intensa del Governo con le Regioni e il Parlamento, proprio per
sopperire ed evitare il lockdown. Conte ha corretto la prassi che a marzo ed aprile aveva ignorato, assumendosi impropriamente responsabilità non sue. Le critiche del mondo dei costituzionalisti sull’accertamento dei poteri del Presidente del Consiglio sono servite a far cambiare rotta, scelte condivise con i territori. Di certo Conte ha dismesso le sue vesti imbrattate di quel autoritarismo presidenziale dettato dal momento emergenziale.
Tuttavia la condivisione delle responsabilità politiche coinvolgendo i territori è stata insufficiente e scomposta atteso che durante i mesi estivi vi è stata la totale assenza di interventi, la quasi
latitanza del governo in fase di controlli che ha fatto passare il Covid in dimenticatoio. L’inadeguatezza del governo ha spinto l’opposizione a chiedere un nuovo Governo di unità nazionale, in grado di determinare le misure necessarie per l’emergenza sanitaria, ma che questo lo chieda chi sino a ieri manifestava a Roma in un corteo negazionista, la dice lunga sui calci di rigore sbagliati da Conte.
Organizzare la gestione emergenziale della sanità dopo aver manifestato in piazza in piena emergenza Covid e senza mascherine, fa capire che Conte, con tutti i suoi errori ha comunque vinto la sua partita ai calci di rigore, tanto per usare un eufemismo calcistico, ma è stata una partita di pessimo spettacolo, giocata malissimo da entrambe le squadre.
In questa vicenda abbiamo perso tutti quanti gli italiani contro il vero avversario che è il virus. Occorre ricompattare la nazione per scelte
irrazionali e assolutamente errate del governo Conte, ma con chi? Con una opposizione che
manifesta a Roma senza mascherine? O con i gilet arancioni? In tutto questo trambusto
caotico gli Italiani sono chiamati ancora una volta al “fai da te”. Alla responsabilità civica per
supplire chi non ha usato le giuste precauzioni in assenza di senso di responsabilità politica.
D’altronde, chi ha votato M5S, voleva il RdC e il bonus bicicletta? Ebbene, ora ci tocca pedalare. La miglior difesa contro il colesterolo politico è pedalare. E’ il sacrificio chiesto agli italiani che producono, alle partite IVA: pedalare. Un senso di responsabilità che spinge le imprese oltre il rispetto delle regole, verso i sacrifici delle libertà economiche. Che spinge i cittadini al sacrificio delle libertà di spostamento, necessari per la salute, in particolare delle persone più vulnerabili.
Qualche giorno fa, il virus si è portato via un pezzo di storia della canzone italiana, Stefano D’Orazio, mitico e intramontabile batterista dei Pooh. Forse ritorneremo a salutarci dai balconi, a cantare in terrazza le sue canzoni, con forza d’animo a solidarizzare con chi soffre perché malato o con chi ha l’ansia e la depressione causata dal terrore. Forse questo aspetto ci potrà aiutare a crescere umanamente e socialmente. Ma resta inteso che il senso di responsabilità degli italiani deve essere vagliato nella reazione all’inadeguatezza dell’ azione governativa e della sua opposizione irresponsabile che oggi chiede larghe intese senza avere intese neanche al suo interno. La nostra speranza è un senso di responsabilità che non dovrà realizzarsi in una rivolta di piazza, non è umano, né civile distruggere luoghi che già soffrono l’isolamento della pandemia, non è leale infierire la rabbia di un malessere sociale contro la saracinesca dell’azienda di chi lotta con i propri sacrifici per poterla riaprire dopo il lockdown, perché significa arrecare un danno a noi stessi.
La sede appropriata per reagire all’inadeguatezza di ogni governo è l’urna. Oggi il 40% degli italiani non va a votare. Siamo ben lontani dalla rivoluzione americana che ha visto le lunghe code chilometriche fuori dai seggi per dare il proprio dissenso a Trump. E’ successo il miracolo democratico: in America Trump sarà ricordato come il primo presidente della storia degli Stati Uniti a non essere stato riconfermato per il secondo mandato.
L’America ha dato una lezione al mondo intero, cambiare si può. Il ritorno a votare degli italiani scoraggiati, scontenti, la massa degli astensionisti che è la maggioranza degli italiani, è importante.
Questo esercito di persone liberali deve fare uno sforzo quando ve ne sarà occasione.
Questa è la rivoluzione pacifica, vera, democratica, non violenta. E’ la rivoluzione del dissenso che
è più forte del pilatesco non voto. Il dissenso è votare. Ai personaggi e i partiti che circolano nel panorama italiano, non si può attribuire una responsabilità totale poiché rappresentano il frutto di un incidente in concorso di colpa, l’incidente dell’avanzata populista legata alla disaffezione e al disprezzo verso la politica di un trentennio, dopo mani pulite. La prima assunzione di responsabilità politica deve essere quella degli elettori, perché tornare a votare e manifestare il dissenso responsabile non è solo un dovere civico, ma una responsabilità etica verso un futuro di speranza per il nostro paese.