Sempre più vicini a Budapest: se vincono Meloni e Salvini saremo ancora occidentali?

In un suo lungo editoriale Ezio Mauro su “Repubblica” ha riflettuto sulle imminenti votazioni, spiegando cosa ci aspetta dopo le elezioni se vince l’estrema destra. “Ipnotizzati dalla guerra che ha creato una nuova spaccatura tra le due Europe, resuscitando l’Est e l’Ovest come soggetti politici contrapposti, rischiamo di non vedere l’altra linea di frontiera che attraversa il nostro continente dividendolo in due. La prima frattura è un fronte, quindi armato militarmente, con un aggredito e un aggressore impegnati in un conflitto geograficamente locale, ma in realtà universale perché chiama in causa categorie politiche e morali come la libertà, l’autonomia e l’indipendenza che interpellano i cittadini di ogni Paese”, scrive il giornalista. “La seconda è una rottura ideologica, dunque armata culturalmente, che minaccia di separare l’Europa attraverso il conflitto tra due diverse concezioni della democrazia, apparentemente accettata da tutti, in realtà interpretata secondo due modelli contrastanti, uno di tradizione liberal-democratica, l’altro di sperimentazione neo-autoritaria”, prosegue. Ed è di fatto l’idea di democrazia che entra in conflitto con sé stessa, “l’universale democratico che tramonta, l’assoluto che invece di precedere la politica e dettarle la norma si riduce a credenza, relativa e parziale”, ha rimarcato l’ex direttore.

La democrazia così non solo rinuncia ad ogni pretesa egemonica sul piano culturale, ma deve fare i conti con un’alternativa che porta il suo stesso nome: la democrazia autoritaria. Terribile, non credete? Il modello è stato “battezzato” quattro anni fa da Vladimir Putin, che denunciò la debolezza delle forme di governo occidentali e teorizzò che la democrazia non dovesse essere per forza liberale. Da quel momento purtroppo ha preso forma un secondo canone, quello della democrazia illiberale. “Il canone putiniano, tra gli altri convince il presidente turco Erdogan, autocrate membro della Nato, e il primo ministro ungherese Orbán, leader illiberale di un Paese che fa parte della Ue. Dunque il modello neo-autoritario di Mosca contagia l’Europa, e sbarca in Occidente”, spiega Ezio Mauro. Prende piede tale prototipo in un momento non causale: “Logorata dalle tre crisi finanziaria, sanitaria, della rappresentanza, la democrazia non gode di buona salute, vede crescere attorno a sé disuguaglianze che la politica non riesce a ridurre, e soprattutto avverte che molte di queste disuguaglianze diventano esclusioni, contraddicendo lo stesso principio democratico. Trova così spazio una predicazione populista che scarica tutte le colpe della crisi sulla democrazia, denunciandola come una creatura del Novecento adatta solo ai periodi di redistribuzione, troppo gravata dal groviglio di regole che la appesantiscono e troppo debole per fronteggiare l’emergenza”, sottolinea il giornalista.

“Meglio puntare su un’identificazione totale tra il leader e il popolo, sull’unzione del voto, sull’esercizio pieno del comando con la sovranità che si dispiega libera da lacci e lacciuoli, senza più obblighi sovranazionali e vincoli di società: ognuno per sé, il leader per tutti e sopra ogni cosa la nazione che torna centrale, in un’Europa matrigna”, rimarca Mauro. I due modelli sono antagonisti e proiettano l’immagine di un ordine mondiale che ha “profili contrapposti, due idee di Europa incompatibili, due concezioni dell’Occidente divaricate”. “È l’Ungheria che ha voluto testimoniare il secondo modello di democrazia dentro la Ue, dunque è Orbán che oggi incarna il principio europeo di contraddizione”, evidenzia Mauro. “Il nodo della democrazia viene dunque al pettine, per Orbán ma anche per la Lega e Fratelli d’Italia, che hanno votato contro il giudizio sull’Ungheria: se vincessero le elezioni, nei vertici europei questa sarebbe la posizione dell’Italia, capovolgendo la tradizione”.

E ricordiamo che la democrazia illiberale è estranea alla cultura europea, lontana dai principi dell’Occidente. “L’estrema destra italiana si dimostra più vicina a Budapest che a Bruxelles, esposta alla tentazione putiniana con Salvini, orbaniana con Meloni, col rischio di trascinare un Paese fondatore della Ue come l’Italia ai margini dell’Unione, e di spostare il principio di contraddizione europeo a casa nostra”, le conclusioni di Mauro. La domanda che quest’ultimo gira al lettore è significativa: il giorno dopo il voto, se vince questa destra, ci sveglieremo ancora occidentali?