Se il futuro è dietro le spalle: quel centrodestra senza visione che vuole un paese per vecchi

Che l’Italia non sia un paese per giovani è risaputo – i nostri cervelli migliori costretti a scappare all’estero ne sono una prova -, ma la prospettiva di un governo di centrodestra a trazione sovranista, senza visione futura e con lo sguardo rivolto alle pensioni più che alle politiche attive del lavoro e alle garanzie di welfare per i giovani la dice lunga su quale Italia avremo nei prossimi cinque anni.

Non a caso, il primo provvedimento super populista annunciato da Silvio Berlusconi e subito condiviso dalla candidata premier Giorgia Meloni quale è stato? L’aumento delle pensioni a mille euro al mese. Giustissimo pensare agli anziani sulla soglia di povertà – perché sotto i mille euro al mese di povertà parliamo – ma è anche vero che va considerato che oggi la maggior parte dei giovani un lavoro da mille auro al mese non ce l’ha. Neanche se fa il ricercatore universitario, nella maggior parte dei casi borsista. Per non parlare di altre professioni. Che dire, poi, dell’innalzamento a quota 41 degli anni di contribuzione, da tempo promosso da Matteo Salvini? Non gli è bastata la voragine lasciata nei conti pubblici da quota 100, adesso la Lega vuole anche quota 41, insostenibile per le casse dello Stato e per questo negli ultimi 16 mesi avversata da Mario Draghi.

Si tratta di tutti provvedimenti che vanno nella direzione della tutela di una fascia di popolazione avanti con gli anni, ma che rischiano di lasciare poco o niente alle risposte da dare ai giovani che devo costruire il futuro. Il loro e del Paese. Intendiamoci: legittimo fare delle scelte. Ma si tratta di scelte di mero interesse elettorale che penalizzano il futuro. L’aumento delle pensioni, secondo una stima de Il Foglio, per 6 milioni di italiani dovrebbe costare intorno ai 20 miliardi di euro. “Sul sito di analisi economica Lavoce.info, Massimo Taddei calcola che, considerando tutte le prestazioni o anche i pensionati fino a due volte il minimo, l’esborso sale a 31-33 miliardi – scrive Luciano Capone sul quotidiano -. Su Quota 41 le stime sono più precise, perché fatte l’anno scorso dall’Inps, e il costo è di 7,5 miliardi l’anno. In totale, le proposte di FdI, FI e Lega costano tra 28 e 40 miliardi l’anno”. Si tratta, in sintesi, di due punti di pil di spesa pensionistica in più, in un Paese, il nostro, con la più alta spesa pensionistica del globo (insieme alla Grecia), pari al 16% del pil. Che con il centrodestra al potere salirebbe al 18%.

Ma l’Italia oggi queste cifre se le può davvero ancora permettere? Simili proposte sono sostenibili per un Paese in recessione, che esce a fatica da una pandemia non ancora sconfitta, nel pieno di una guerra e che si avvia ad un autunno di lacrime e sangue? Si tratta non solo del mero conto della serva, di calcolatrici e bilanci. Si tratta di una scelta culturale tra un’idea di sviluppo e di innovazione per far crescere il Paese e un’idea, di matrice berlusconiana, che ricalca un modello di trent’anni fa che la storia ha già visto fallire. Il rapporto del Mef elaborato dalla Ragioneria dello Stato di un mese fa sulle “tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico”, emerge che “rispetto alle precedenti proiezioni dell’Istat, la popolazione risulta più bassa di circa 1 milione di unità (per un insieme di fattori come maggiore mortalità da Covid, minore natalità e minore immigrazione) – scrive ancora Il Foglio -. E poi c’è il cambiamento del quadro macroeconomico, con lo choc inflazionistico che attraverso il meccanismo di indicizzazione delle pensioni fa aumentare la spesa. Il combinato disposto di crisi demografica e fiammata inflazionistica (sperando sia temporanea), secondo le proiezioni della Ragioneria dello stato comporta maggiori oneri che, nel periodo 2021- 2070, ammontano in media a oltre 0,5 punti di pil”.

In sintesi, per il 2023 la spesa sale rispetto al pil fino al 16,2%, con il picco del 17% stimato per il 2040, considerando tuttavia che la stima per la sostenibilità è basata su obiettivi impegnativi da raggiungere e molto lontani dalla situazione demografica attuale. Come può, dunque, il centrodestra pensare di mantenere stabile una spesa pensionistica in un paese in declino demografico e in forte invecchiamento, aggiungendo addirittura due punti di pil per aumentare le pensioni? Se si impiegano tutte le risorse necessarie per l’aumento delle pensioni, come pensa il centrodestra di promuovere politiche attive del lavoro e del welfare che sono alla base dell’aumento della natalità? “Meloni, Salvini e Berlusconi non si rendono conto che il loro piano sulle pensioni, oltre a essere una minaccia per la sostenibilità del sistema, è incompatibile con il loro stesso programma su tasse e immigrazione – conclude Capone -. E’ soprattutto incompatibile con la realtà attuale e il futuro del paese. E non si tratta di noiosa contabilità, che comunque non guasterebbe, ma dell’assenza di visione politica e senso pratico che chi si propone per guidare una grande democrazia ed economia occidentale come l’Italia dovrebbe avere”.