Si fa un gran parlare ma, in realtà, sui finanziamenti russi ai partiti italiani di ombre ce ne sono davvero poche. Almeno quanto a Salvini che, nel corso della sua carriera politica, ha manifestato in più occasioni che il suo impulso verso il regime dei pieni poteri, dell’uomo forte, dell’odio per le élite euroatlantiche e della frustrazione contro la democrazia liberale, si identificasse con la Russia di Putin.
“Il Salvini pericoloso non è un un politico corrotto dai rubli, è il leader che ha scommesso su Putin”, scrive oggi Giuliano Ferrara su Il Foglio. Con cognizione di causa, perché il capo del Carroccio ha scommesso apertamente su un modello che è insopportabile per il nostro modo di concepire la vita e l’esercizio dei diritti civili in un Paese democratico.
Non è affatto una questione di insinuazioni o accuse, è proprio questione di infatuazione per un modello che, con l’invasione dell’Ucraina, è venuto fuori per quel che è, e per quel che costa in termini di equilibrio, sviluppo, libertà. Pace e comune umanità.
Il guaio è che per Salvini, che è nel tridente elettorale della destra, “il putinismo è una seconda, macché una prima pelle”, conclude (mettendo in guardia) Ferrara sul suo editoriale.