Ahivoglia a dire che va tutto bene: nella Lega i mal di pancia ci sono eccome, e nemmeno troppo nascosti.
A tre giorni dal voto che ha sancito la vittoria di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia e il pesante ridimensionamento del Carroccio, fermo all’8,7%, Matteo Salvini non fa passi indietro, anzi, dichiara di voler andare avanti e lavorare per 5 anni di governo di centrodestra. E, poi, liquida i contestatori interni, che chiedono le sue dimissioni, sbottando che l’ipotesi non gli passava per la testa e che non aveva mai avuto «tanta voglia di lavorare, grazie ai militanti leghisti che vengono prima di qualche eletto da 15 mila euro al mese»?. Una battuta(ccia) rilanciata da Huffington Post che conferma, ancora una volta, l’incapacità di Salvini di starsene zitto una buona volta.
«Questa poi! Ma se il primo ad avere 15 mila euro al mese, come senatore, e lui!», hanno sbuffato vari leghisti della prima ora veneti e friulani sgomenti per la stangata nelle urne e furenti per «come» il Capo sottovalutava i mal di pancia dei militanti locali. Mentre rimane il mistero su chi fossero questi anonimi strapagati tirati in ballo, l’uscita sui soldi è decisamente fuori luogo.
“Non solo perché sommando le varie indennità, diarie e prebende via via conosciute ai parlamentari a Montecitorio e più ancora a Palazzo Madama, lo «stipendio» (definizione impropria e sommaria ma è lo stesso «Capitano» a fare d’ogni erba un fascio) di ogni senatore risulta essere (oltre a eventuali indennità di funzione) 14.634,89 euro”, osserva sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella che ricorda come, sulle indennità il segretario della Lega avesse già fatto già uno scivolone. “Riconoscente verso l’allora padre padrone della Lega Umberto Bossi per essere stato eletto eurodeputato – ricorda Stella – Matteo pensò infatti di ricambiare la promozione (dopo l’ictus pesante subito dal Senatur) prendendosi come assistente parlamentare a Strasburgo, ruolo che richiedeva un bagaglio di conoscenza di leggi, procedure, lingue da mettere a servizio dell’eurodeputato. Franco Bossi. Il fratello. Il quale, ignaro delle materie citate, mandava avanti un negozio di autoricambi a Fagnano Olona. Indennità, ovviamente versata dall’Europarlamento non a Salvini ma all’attaché: 12.750 euro”.
“Fu una scelta contestata (tanto più che Francesco Speroni – ricorda sempre Stella – si era preso come portaborse il figlio del Senatur, Riccardo, stessa cifra) all’interno dello stesso Carroccio. Tanto da essere presto ritirata”. L’incidente dell’epoca era stato archiviato, ma adesso Salvini ci ricasca e, si, perseverare è diabolico.