Roma brucia. Terzo incendio in una settimana e stavolta non c’entra Nerone. L’imperatore romano era tanto amante della musica e della poesia quanto incurante del benessere dei propri cittadini, e in questo effettivamente ci sono molti punti di contatto con la politica romana e l’amministrazione. Non tanto per ciò che riguarda l’amore per le arti, quanto per l’incuria nei confronti della città e di chi la vive. Un’amministrazione difficile quella della capitale, senz’altro ma che troppo spesso è rimasta autoreferenziale incapace di far fronte ai bisogni basilari della città. Non è ammissibile lo stato delle strade romane, non è ammissibile vedere circolare in città, nel centro, intere famiglie di cinghiali o altri animali selvatici. Non è ammissibile vedere Roma bruciare come una baraccopoli. Non sappiamo ancora – anche se vi è più di un sospetto – se siano incendi dolosi o colposi, sarà la magistratura ad accertarlo, ma quel che è evidente è il dolo di incuria. Anni di abbandono di una città che dovrebbe essere il vanto del Paese e che invece è ridotta allo spettro del proprio glorioso passato e incapace di vivere nel presente e immaginare il futuro.
Certo, il grande caldo e la siccità hanno la loro parte di responsabilità, ma pensare di poter ridurre tutto a questo significa non cogliere il problema nella sua interezza. Perché il problema dell’incuria e della scarsa manutenzione ad esempio del verde pubblico letteralmente abbandonato a se stesso è un problema politico e non sia colpa a circostanze eccezionali che pure ci sono ma non possono essere alibi a una politica inefficiente miope e incapace. Queste sono responsabilità tutte politiche che coinvolgono le giunte comunali degli ultimi anni ma che chiamano in causa anche le amministrazioni regionali. Possibile che nessuno abbia sentvidentemente non hanno sentito il bisogno di tutelare la capitale, di lavorare in chiave preventiva? Oggi si paga il prezzo di questa superficialità con almeno 174 incendi in meno di un mese. Questo è un fatto doloso di per sé e per questo qualcuno dovrebbe essere chiamaro in correità politica!
Detto in altre parole, anche se fosse dimostrata la natura dolosa degli incendi, l’Amministrazione pubblica degli ultimi decennni ne sarebbe egualmente responsabile. Oggi il PD punta il dito verso la cosiddetta mafia dei rifiuti e sicuramente è una tesi plausibile; d’altra parte i moviti che stanno dietro agli incendi dolosi, a maggior ragione di così grandi dimensioni, possono essere vari. Dalla speculazione (perchè un’area arsa è un’area meno tutelata anche dal punto di vista giuridico), dai “semplici” piromani, pazzi isolati che sono purtroppo protagonisti tutte le estati di questi disastri – in tutto lo Stivale invero – solo per appagare il loro psicopatologico bisogno di veder bruciare tutto (curioso che in Italia non sia riconosciuta tuttavia come malattia mentale) oppure, cittadini che in barba a ogni regola di prevenzione, forti dello debolissimo senso civico si rendono protagonisti di tragedie. E, infine, si, come si diceva, l’anarchica criminalità organizzata romana per il quale bisognerebbe aprire un capitolo ad hoc. Ma ora questo paradossalmente non è il primo dei problemi. Ci penseranno gli inquirenti.
Il problema tutto politico è l’abbandono di Roma e su questo non vi è distinzione di colore politico. Le responsabilità sono di tutti anche di chi non vuole il termovalorizzatore per garantire una gestione normale dei rifiuti (non dimentichiamo che spesso gli incendi sono metodi illegali di smaltimento dei rifiuti). E finchè Roma sarà abbandonata a se stessa, non sarà mai davvro la Capitale d’Italia e a niente servirà il ricordo dell’Impero che fu. La partita si gioca sul presente e sul futuro e non sul passato. Il destino di Roma in quanto capitale determinerà il destino dell’ paese, perchè finchè l’Italia non avrà una vera capitale, non sarà mai una vera Nazione.