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Referendum che vanno a sbattere contro le regole: colpa del populismo prêt-à-porter

Parole fuorvianti e quesiti scritti male. Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha spiegato di persona i motivi del no ai referendum su cannabis, eutanasia e responsabilità civile dei magistrati. Un “non lo accetto” quello della guida della Consulta che deve farci riflettere sulla triste deriva populista che continua a condizionare il nostro Paese. Perché come ha scritto Filippo Rossi, leader della Buonadestra, “se una delle caratteristiche principali del populismo è la spinta a semplificare il più possibile problemi complessi, allora il ricorso ai referendum rischia di diventare esempio fulgido di populismo prêt-à-porter, di un populismo appena un po’ più fighetto di quello urlato ma comunque intriso di pensiero dogmatico, di ottusa propaganda, di forzature sofistiche. Un paradosso? Forse sì, ma i paradossi molte volte riescono a svelare verità altrimenti inconfessabili”. Ed è proprio in seno alla mancanza di una politica come si deve, responsabile, che non ha paura di prendere posizione e agire, che il populismo attecchisce. Che il verme non sceglie mai di abitare in una mela marcia: semmai cerca di far guastare una buona. In questo caso l’Italia.

Come ha scritto Rossi c’è più populismo nella “scorciatoia” referendaria. Sempre Amato lo ha spiegato senza cincischiare: «Non possiamo decidere noi quello che deve essere una decisione del Parlamento che non può sottrarsi dal proporre una legge». «Uno, due, tre milioni di firme non rendono automatica la legittimità o l’ammissibilita di un quesito. Così come non diventa automaticamente giusta, costituzionale, una decisione ingiusta, anche se presa da una maggioranza» e questo l’ha detto Riccardo Lo Monaco, che è doppiamente da ammirare perché è tra quelli ad aver raccolto le firme per eutanasia e cannabis. “Di fronte al criminale immobilismo del Parlamento, non c’è scorciatoia che tenga, non c’è nessuna piazza, nessun popolo che si possa sostituire al parlamento. Perché in una democrazia liberale è il parlamento il luogo sacro della decisione e del compromesso, il luogo della complessità. E pretendere di riscrivere con qualche taglio qua e là, o con qualche vaff***ulo, leggi che non possono che essere frutto di un processo decisionale che ha nulla a che fare con un sì o con un no”, l’appunto di Filippo Rossi.

In altre parole il populismo resta il vero e autentico nemico della democrazia. «Nihil sub sole novum», direte voi. Eh no, perché non bisogna subire, ma “fare e disfare”, nel rispetto della nostra bella Costituzione. “La questione è sempre la stessa, quando la politica abdica al suo ruolo l’antipolitica prende il sopravvento nella speranza che le soluzioni arrivino “dal basso”, da colpi plebiscitari, dalle piazze, dai social. Quando la politica fallisce, il populismo dilaga. A colpi di slogan. E a colpi, anche e purtroppo, di referendum che vanno a sbattere contro le regole”, l’osservazione sacrosanta di Rossi. Per questo, proprio per quest’amarezza mista a rabbia, dobbiamo impegnarci tutti a far meglio; c’è sempre un’alternativa.