“Facies est sicut ano”, avere la faccia come il… Gli antichi latini non ci hanno trasmesso in eredità questo modo di dire, ma è bello pensare che sia così e che anche loro usassero una frase simile quando pensavano a personaggi politici paragonabili al nostro Matteo Salvini.
Nel dibattito ormai feroce sulla riforma del reddito di cittadinanza, gestita dal governo Meloni quasi peggio di come il governo giallo-verde di Giuseppe Conte gestì la sua introduzione, c’è infatti una posizione surreale: quella di Matteo Salvini e della Lega. Oggi Salvini tuona contro il RdC e minimizza sui problemi che il governo sta determinando con la sua riforma monca, sottolinenando che i fannulloni non hanno diritto ad alcunché. Peccato che quando il RdC fu introdotto, a spese dei contribuenti, Salvini non lavorava come dj al Papeete, ma era vicepremier e azionista al cinquanta per cento della maggioranza M5S-Lega che progettò e attuò quella misura. Poco importa che il Reddito di Cittadinanza fosse una bandiera elettorale grillina. Quella maggioranza iper-populista si reggeva sulla spartizione tra i due partiti dei dossier di governo, con l’impegno per ognuna delle due formazioni a non intervenire sulle cose dell’altro. Ma quella spartizione de facto non esenta Salvini e la Lega dall’essere pienamente responsabili – in solido con Conte e i 5S – del reddito di cittadinanza, perché in una democrazia rappresentativa contano i voti espressi in Parlamento e in Parlamento la Lega votò a favore del reddito di cittadinanza. Ascolteremo mai un mea culpa da parte di Salvini? No, e purtroppo nemmeno i media gli chiedono conto.
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Ciò detto, noi che da sempre consideriamo il reddito di cittadinanza una schifezza populista, pensata male e ideata peggio, ci sentiamo in diritto di criticare con altrettanta severità il modo superficiale e dilettantistico con cui il governo Meloni sta provando a riformarlo: un sms a pochi giorni dalla scadenza del sussidio, confusione totale sull’introduzione del nuovo supporto per la formazione da 350 euro, assenza totale di una visione sulle politiche attive del lavoro. Viviamo in un vero paradosso: un Paese che manca di lavoratori ma che non sa come riqualificare e indirizzare al lavoro milioni di suoi cittadini.
Piercamillo Falasca
Vicesegretario di +Europa