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“Putin rimette in pista l’ordine liberale occidentale”

«Putin ha sbagliato pensando che sarebbe stato sufficiente minacciare gli Ucraini per piegarne la volontà di resistenza; ha commesso un errore credendo che sarebbe stata una passeggiata militare». Ad ogni frase del professor Vittorio Emanuele Parsi sulla guerra tra Mosca e Kiev la nebbia, che in genere caratterizza conflitti di questo tipo, è via via svanita, si è dissolta. Tra disinformazione, propaganda e tv urlata, è davvero difficile trovare oggi qualcuno che sappia soppesare ogni parola. «Vede, spingere gli ucraini ad arrendersi non è trattare. Questa è complicità», ha detto ad un certo punto il professore ordinario di “Relazioni Internazionali” presso la facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il docente alla facoltà di Economia all’Università di Lugano (USI) ha espresso poi ammirazione per il popolo ucraino; ha infine detto di non avere nulla da rimproverare a Draghi, che ha una qualità che ne fa un fuoriclasse: nei momenti di sofferenza dà il meglio.

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Direi di partire dal suo libro appena uscito “Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale”, edito da Il Mulino.

«Il libro mette in evidenza come negli ultimi trent’anni l’ordine liberale si sia indebolito. Sfibrato al punto tale che dall’esterno la minaccia della convergenza russo cinese ha messo in discussione i presupposti dell’ordine liberale stesso. Un attacco che è insidioso perché anche all’interno contemporaneamente l’ordine liberale si è svigorito, non riuscendo a mettere, diciamo così, in sintonia, come un tempo riusciva a fare, la sovranità statale, l’economia di mercato aperta e la democrazia liberale. L’indebolimento di questi tre poli del cosiddetto ‘triangolo liberale’ ha lasciato quest’ordine e i paesi che lo sostengono, specie quelli più particolarmente vulnerabili».

L’ascesa delle potenze autoritarie, come diceva, ma anche la pandemia, il riscaldamento globale, le migrazioni. Tutti fattori che hanno determinato insieme dei forti squilibri. C’è possibilità di risollevarsi?

«Assolutamente sì. Perché come spesso capita, le crisi mettono in evidenza come appunto ci sia un indebolimento in termini politici istituzionali di quest’ordine, ma offrono anche l’opportunità di reagire a questo stesso senso di fiacchezza, proprio perché diventa particolarmente evidente. Paradossalmente, il combinato della crisi economico finanziaria del 2008, della pandemia del 2020-21 e della recente aggressione della Russia all’Ucraina è un campanello d’allarme che sta consentendo all’Occidente di rimettersi in carreggiata».

putin

Spostiamoci proprio sulla guerra in Ucraina. Che match sta giocando la Russia? Lei a «Formiche» ha dichiarato: “Se il Presidente russo fosse uno studente sarebbe da bocciare”. Mettiamo in fila come “soldatini” i tanti errori di Putin?

«Il primo errore fondamentale è stato quello di essere all’interno di una rappresentazione dell’Ucraina che è diversa da quella che il Paese è diventato dopo il 2014. C’è un’identità nazionale ucraina che prescinde dall’identità linguistica (che non c’era prima). Ha sottovalutato il fatto che tanto ai russofoni quanto ai non russofoni dell’Ucraina non va assolutamente bene la prospettiva di finire sotto al tallone del suo regime sempre più autoritario. Putin ha sbagliato pensando che sarebbe stato sufficiente minacciare ucraini e occidentali per piegarne la volontà di resistenza; ha commesso un errore credendo che sarebbe stata una passeggiata militare, che nelle regioni orientali sarebbe stato accolto con fiori e sale. Così non è successo, l’abbiamo visto. Putin era convinto che l’armata rossa, che era sembrata così imbattibile in Siria e in Cecenia, si sarebbe rivelata una forza inarrestabile anche stavolta. Ha sbagliato infine a pensare che gli strumenti militari ed energetici sarebbero stati sufficienti a compensare tutti quei mezzi che la Russia non può mettere in campo. Ad iniziare dagli strumenti finanziari, per dire. Ha commesso una serie di errori clamorosi, cercando di fare una escalation pericolosa per tutti».

Come finirà questo conflitto? Putin può vincere? Lei che idea si è fatto?

«La via d’uscita, la sola che vedo, è una tregua umanitaria. Abbastanza lunga e prolungata da poter prevedere al suo interno l’inizio di una trattativa, di un negoziato politico. Una vittoria totale di Putin, francamente, non mi sembra così facile da ottenere. Sta massacrando i civili perché di fatto non riesce ad annichilire le milizie ucraine. Usa la popolazione come arma per fare pressione. Anche ammesso e non concesso che Putin riuscisse ad occupare l’intera Ucraina, faccio fatica a capire dove possa trovare le truppe per occupare l’intero Paese. Ma poi cosa succederebbe? Come pensa di poter mantenere l’ordine in quel territorio? Nel momento in cui le sue truppe uscissero gli ucraini proverebbero ad avvicinarsi all’Occidente e allora lui dovrebbe occuparle militarmente e fronteggiare una resistenza di tipo partigiano, che penso sarebbe troppo imponente dopo tutte le distruzioni che ha arrecato al popolo di Zelensky. Putin dovrà fronteggiare un isolamento permanente per quello che ha fatto».

guerra ucraina

Si riferisce alle sanzioni?

«Le sanzioni sono fatte per rimanere, perché non sono sanzioni solo volte ad impedire che lui continui la guerra. Sono soprattutto sanzioni volte a punire, perché il crimine non paghi. Guardi, già la decisione europea di uscire di due terzi dalle forniture di gas entro la fine dell’anno è una mazzata per l’economia di Putin. Anche la sospensione dei mezzi finanziari… Son tutte cose che i Russi potranno non vedere nell’immediato, ma le assicuro che le percepiranno nelle prossime settimane. Il suo potere diventerà via via più instabile e più violento contemporaneamente. Prevedo una trattativa, ma guarderei anche al fronte interno. Magari qualcuno che alzi la testa. Molti generali russi che stanno combattendo in Ucraina, e non parlo dei vertici delle forze armate, ma di quelli che stanno sul terreno, stanno vedendo con i loro occhi, sanno qual è la realtà. Sono consapevoli che non ci sono armi chimiche in mano agli ucraini; intendono che sono stati mandati a combattere allo sbaraglio, con dei piani improvvisati per compiacere il tiranno di turno; che stanno ammazzando un popolo fratello. Sanno che stanno avendo perdite importanti tra i loro uomini. Tutto questo non sarà senza conseguenze».

parsi Zelensky

Tra le tante dichiarazioni che ho ascoltato in questi giorni così frenetici, drammatici, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente. Al programma «L’Aria che tira» Lei ha detto: “Il governo russo ha aggredito tutti noi, ha aggredito anche quel faticoso tentativo che in Occidente abbiamo cercato di realizzare per tenere il più possibile sotto controllo la forza e la violenza”. Come se si fosse concretizzato di colpo lo scontro tra democrazie e autocrazie. Cosa ci aspetta adesso?

«Ha interpretato perfettamente. Questa guerra è l’attacco che le autocrazie stanno muovendo ai valori, principi e stile di vita delle democrazie. È quel grande tentativo che in Europa stiamo facendo da decenni: costruire un futuro libero dall’incubo della guerra, dalla paura della violenza. Un ordine internazionale che tenda sempre di più verso quegli ideali che l’unione europea professa. Putin ci sta portando non solo indietro, ma ci prospetta il futuro che ha in mente ed è fatto solo di violenza brutale. Un avvenire che ha tutti i tratti di un passato da cui abbiamo cercato di allontanarci dopo le due guerre mondiali. Tenga a mente una cosa: gli scontri tra i paesi non sono mai sul passato, ma sulle prospettive del futuro, su come immaginiamo e vogliamo disegnarlo. Per questa ragione quella della Russia è una guerra contro tutti noi, non solo contro l’Ucraina».

Vittorio Emanuele Parsi

Da più parti si chiede un intervento di Pechino. Sarebbe una novità significativa se nelle relazioni internazionali la Cina facesse da mediatrice in un conflitto europeo.

«La Cina in questo momento non si sta ponendo come un mediatore, ma come un complice. Troppe persone son convinte che la mediazione consista nel convincere Zelensky ad arrendersi. Questo non se lo meritano gli Ucraini, che stanno lottando con molto coraggio per la loro libertà. La mediazione politica non la vedo, perché non vedo onesti mediatori. Spingere gli ucraini ad arrendersi non è trattare. Questa è complicità».

Il presidente del consiglio Mario Draghi poteva fare di più?

«Secondo me Draghi sta facendo molto. Inizialmente ha cercato di evitare il conflitto, poi ha assunto una posizione ferma. Ha portato su tale posizione il governo – e non era facile tenere tutto in ordine – e ha richiamato l’opinione pubblica al proprio dovere. Come al solito sulla scena internazionale, specie nelle condizioni di crisi, Draghi dà il suo meglio. Perché comunque ha una qualità superiore: in termini di visione, di formazione, di contatti, rispetto a chiunque altro in questo momento in Italia. Poi si può essere d’accordo o no con la singola scelta, ma raramente lo abbiamo visto, come potrei dirle, comportarsi come un attore di serie b, anzi. Sta facendo bene, sta mostrando come un paese che pure ha tanti legami antichi con la Russia (importanti questioni di fornitura di gas e materie prime per dire) possa dare la linea. Credo che la fermezza italiana abbia aiutato la Francia ad ottenere altrettanta fermezza dalla Germania, che era l’altro paese molto esposto verso Mosca.

parsi Mario Draghi