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Chi fa il tifo per Putin è nemico della democrazia e flirta con il totalitarismo

Guerra in Ucraina, cosa vuole davvero Putin? Come siamo arrivati fin qui? Angela Merkel, nel 2014, al tempo dell’annessione della Crimea, definì lo zar russo un leader che applica metodi dell’Ottocento al Ventunesimo secolo; un politico che agiva allora da nazionalista nell’era della globalizzazione. Cambiato qualcosa? Beh, il presidente russo continua ad ignorare il dialogo, il confronto costruttivo. “Ascoltando Putin, la politica si divide in due: quelli che inorridiscono per le follie storico- ideologiche spiattellate come se nulla fosse dal presidente russo e quelli che si emozionano di fronte al revanscismo muscolare dell’uomo forte; quelli che pensano, mamma mia questo sta fuori dal mondo, e quelli che applaudono intimamente perché Putin fa parte del loro mondo ideologico”, scrive Filippo Rossi. In qualsiasi modo la si metta, il confine è sempre lo stesso: “Da una parte quelli che difendono la libertà di scelta come il cardine inattaccabile delle nostre società e dall’altra quelli che pensano che la democrazia sia un accessorio trascurabile”.

Le truppe di Putin del Donbass non sono che un primo passo verso il riassorbimento dell’Ucraina nella Russia: lo zar vuole rimettere insieme quanto può dell’Urss. Operazione anacronistica, oltre che pericolosa. “Il vaneggiamento di Putin racconta di un mondo immobile nei secoli e per i secoli. Quando lo zar di Mosca ‘giustifica’ l’invasione dell’Ucraina (perché di questo si tratta) in nome dell’impero russo, quando sancisce la continuità della Russia di oggi e l’Unione Sovietica, quando spiega che l’Ucraina ‘non è una nazione’, diventa naturaliter leader dell’internazionale sovranista, di tutto coloro che pensano alla storia come a un monolite, al futuro come un eterno passato. È proprio qui la distanza chilometrica tra chi vuole vivere in un mondo intimamente liberale e chi pensa ancora ai popoli come un tutt’uno organico”, come ha spiegato Rossi. Chi appoggia Putin “è un totalitario più o meno inconscio ma per nulla immaginario”. 

La soluzione non può risiedere in quello che Filippo Rossi chiama «economismo spicciolo», tantomeno basterà rifugiarsi nel mero geopolitismo. Ha ragione quando scrive che il mondo è cambiato; che la Cina rappresenta una minaccia che l’Ue non può ignorare. Tanti si chiedono cosa farà ora l’«amico del cuore» dello zar, Xi Jinping. Oggi “l’Europa non ha altra scelta se non quella di diventare finalmente uno stato federale con una vera, forte difesa comune. Solo così avremo ancora un ruolo nei conflitti globali e soprattutto non saremo più un vaso di coccio tra vasi di ferro”, l’analisi di Rossi. E ne ha di strumenti l’Ue, il potenziale: la campagna di Putin contro l’Occidente, a detta del leader del Cremlino sempre più depravato, è vero che si è fatta ancora più martellante negli ultimi tempi, ma dopo 20 anni al potere, dopo due di pandemia, non ha portato certo ai risultati sperati. Lo zar è sempre più isolato: la situazione economica della Russia è peggiorata. Il Coronavirus ha reso Putin imprevedibile, enigmatico agli occhi dei suoi stessi collaboratori. Nessuno sa quali saranno le sue prossime mosse, quel che deciderà.