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Pnrr e iper semplificazione: perché il governo deve coinvolgere di più le Regioni

Lo scorso 11 novembre il presidente del Friuli Venezia Giulia Fedriga ha convocato la conferenza stampa delle Regioni e delle Province Autonome. Tra i tanti temi di cui si è ampiamente discusso nel corso del vertice anche quello dell’iper semplificazione delle decisioni in politica. I governatori hanno chiesto in quell’occasione di essere maggiormente coinvolti nelle scelte del governo, soprattutto adesso che c’è in ballo questa grande occasione chiamata Pnrr. «Nel 2026 dovremo iniziare a restituire quello che l’Europa ci ha dato. E per quel periodo non saremo arrivati a un tasso di sviluppo del Pil decente tanto da rendere sostenibile quell’impegno, allora le cose si complicheranno ulteriormente e sarebbe non un’occasione sprecata ma sarebbe un pericolo molto evidente per la stabilità del sistema», sono state le parole di Adriano Giannola, presidente di Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), a margine del convegno sul Piano nazionale per la Ripresa e la Resilienza per la coesione del Paese.

L’Italia, a detta sempre di Giannola, è un “paese spaccato in due, in cui le infrastrutture sono molte diverse, in cui i diritti sociali e civili non sono proprio parimenti fruiti dai cittadini e questo è il compito politico che l’Europa ci chiede quando ci dice di ridurre le distanze e aumentare la coesione. L’Europa ci dice fate qualcosa per non restare spaccati altrimenti andate a fondo”. In che maniera il governo Draghi sta cercando di tenere a galla il Paese? O meglio ancora, l’attuale esecutivo ha imparato a “nuotare”? Come intende procedere perché il “mare aperto” non sia così insidioso? Per il presidente della Puglia, Michele Emiliano, “il Pnrr è un’occasione imperdibile per il Mezzogiorno e Il governo deve coinvolgere di più le Regioni per consentire di coordinare le varie linee di investimento, i fondi europei, i fondi nazionali con questi fondi straordinari e speciali per la ripresa e la resilienza”. Dello stesso avviso il governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio: “Il Governo ascolti di più le Regioni. Le leggi si fanno solo in Parlamento e con il rispetto delle forze politiche, ma ogni tanto andrebbero coinvolti quelli che stanno in trincea: Regioni, Province, Comuni. Serve più dialogo e rispetto per le Regioni”. Il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, non ha taciuto allora le sue perplessità: “Bisognerebbe strutturare una norma per la quale le risorse che non vengono investite in qualche parte d’Italia vengano poi messe a disposizione”.

Sul finire del 2021 il ministro Mara Carfagna ha annunciato che il Governo centrale sarebbe stato al fianco delle regioni e degli enti locali “per consentire loro di affrontare la sfida più grande che è quella della cosiddetta ‘messa a terra’ del Pnrr. È chiaro che per garantire la ‘messa a terra’ è necessario anche garantire la funzionalità e l’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Non siamo sordi rispetto agli allarmi che provengono dagli enti locali e dalle regioni”. Ma cosa significa nel concreto avviare un processo di semplificazione delle scelte in politica? E perché il nostro Paese ha davvero bisogno di un iper snellimento della macchina burocratica subito? Semplicità e agilità devono diventare le ancelle dell’Italia. La politica di semplificazione si pone, infatti, come obiettivo quello di migliorare il rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione. L’eccesso di leggi, unito ai tempi sempre più lunghi e ai i costi elevati per cittadini e imprese, rallentano ogni settore. Non solo. In altre parole, bisognerebbe portare a compimento una riduzione degli oneri amministrativi, come pure delle varie fasi e puntare fiduciosamente sulla digitalizzazione.

Tra i tasselli poi fondamentali un miglioramento delle risposte del governo e una maggior trasparenza degli attori coinvolti. Parliamo dello Stato, ma anche delle Regioni e degli enti locali e a livello sovranazionale di Ocse, Fmi e Unione Europea. Per spiegare al meglio quanto gioverebbe all’Italia tale processo di semplificazione si potrebbero prendere in prestito le parole di Federica Cacciatore dell’Università degli Studi della Tuscia e Delivery Unit nazionale: “Con le tecniche di riduzione degli oneri, si intende ridurre la frammentazione e l’iper-regolazione delle procedure amministrative. In particolare, riducendo gli oneri amministrativi si dà seguito al principio per cui ‘meno è meglio’, accelerando e snellendo quei procedimenti che si compongono di troppe fasi, che richiedono tempi ingiustificatamente lunghi, o che richiedono una mole eccessiva di informazioni”. Svecchiare, eliminando le “scartoffie” in cui sprofonda da tempo un’assonnata Italia, senza creare inutili ostacoli. Vale a dire legiferare meglio, come l’Europa ci invita a fare da anni. Il 4 novembre il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge annuale per la Concorrenza, in cui sono state inserite due importanti deleghe che rafforzano le semplificazioni per velocizzare l’attuazione del Pnrr e razionalizzano i controlli sulle attività produttive. Ma non è ancora abbastanza, non è forse che un primo timido passo.