Pasolini docet. È l’ora di una nuova destra italiana

l’Italia non ha avuto una grande Destra perché non ha avuto una cultura in grado di esprimerla. Essa ha potuto esprimere quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo.- Ciò è avvenuto in quanto “figlia” di quel compromesso raggiunto da blocchi politici avversi di cui la Costituzione è espressione, che ha fatto sì che l’Italia, pur essendo un paese libero e liberale, non fu immune dall’essere contemporaneamente uno stato criptosocialista e che nel corso degli anni la matrice liberale si sia via via affievolita, lasciando il posto a quella socialista, anzi cattocomunista. In sostanza un capitalismo di facciata e uno statalismo dilagante, ma il ridicolo è il rifiuto pressoché unanime di oggi di non vedere in quell’inizio di storia repubblicana le radici del populismo e sovranismo di oggi. È come una gigantesca amnistia di tutti coloro, passati e presenti, che hanno caratterizzato la vita politica del Paese. Una totale deresponsabilizzazione.

Oggi i presunti nostalgici di quella destra descritta efficacemente da Pasolini, con i loro gadget sotto il letto, mantengono solo la caratteristica di essere ridicoli. In compenso però governano. Governano grazie alla complicità della sinistra di praticare la cultura del “essere contro”, ma entrambe si tengono ben lontane da una logica di tipo liberale e quindi incapaci di vivere il presente. Dal corporativismo al ripudio della sacralità della proprietà privata ecco come si snoda nel quotidiano il bipopulismo sovranista. Governano anche grazie alla arrogante incapacità di chi, almeno in teoria, si definisce liberale. Sulla inconsistenza del fu Terzo Polo e dei suoi leader si è scritto anche troppo, nel tentativo di cercare un elemento di nobiltà a cui aggrapparsi, per mantenere viva una pur esile speranza che dimostri che da lì si possa riniziare il percorso per giungere all’agognato partito liberaldemocratico.

Esponenti di indubbio valore come Luigi Marattin e Enrico Costa sono convinti che da lì sia necessario ripartire. Se c’è un punto da cui ripartire è da ciò che non si è fatto e cioè avviare il giorno dopo le elezioni la fase costituente del partito nuovo. La fase costituente, che doveva prevedere, in quel momento, per essere credibili verso quegli elettori che hanno espresso con il voto la loro fiducia e quegli che sono rimasti in attesa di eventi, lo scioglimento di Azione e Italia Viva dove tutto si azzerava.

Niente più autoreferenzialità, niente più tradizioni più o meno nobili da salvaguardare, niente più classi dirigenti precostituite. Una fase costituente vera e non fittizia dove ognuno può partecipare e mettersi in gioco come persona con le proprie competenze e capacità non in base alla/e tessere che ha in tasca, alle responsabilità che attualmente ricopre che vanno da essere parlamentare a semplice dirigente territoriale. La condizione di contendibilità sta qui. Chi non viene da precedenti esperienze di partito si deve sentire pienamente legittimato e alla pari. Le competenze non si esauriscono dentro le strutture di partito e nemmeno in chi è stato eletto ai vari livelli. La società è piena di competenze acquisite tramite lo studio, tramite le esperienze lavorative, tramite il volontariato e l’elenco è ancora lungo, alla pari e spesso superiori a quelle acquisite nella “vita” di partito.

Questo è ciò che deve essere fatto avendo come orizzonte le politiche 2027 per mettere in campo non un soggetto terzo sotto forma di polo, federazione, aree più o meno indistinte o altre banalità simili, ma l’unica alternativa vera a questa eclissi della politica che vediamo tutti i giorni: il partito liberaldemocratico. Le europee sono ormai una occasione sprecata e non solo perché l’eventuale lista unitaria altro non è che l’escamotage per evitare la ghigliottina del 4%, ma perché i partiti possono far nascere liste elettorali ma da queste non potrà mai nascere un partito. La fine del Terzo Polo era già scritta in partenza. Una costituente, dunque, in grado di rivolgersi a tutti gli elettori indistintamente, da chi si astiene a chi vota e/o milita in altra organizzazione politica, senza nessun ruolo precostituito. Se bisogna superare la logica dei partiti personali e affermare il principio che ad un partito ci si iscrive, si milita in base all’idea di società che propone, bisogna che la società entri e costruisca l’organizzazione, formi la classe dirigente, individui e selezioni le leadership.

Non solo non ci sono scorciatoie ma soprattutto non ci sono alternative all’affermazione delle pari opportunità, del merito, delle competenze dentro la politica. Chi oggi ricopre ruoli di responsabilità ai vari livelli e vuole continuare a farlo deve sentire dentro di sé il desiderio di essere misurato alla pari con altri in base alle proprie capacità e competenze, non nel perpetuare fino all’infinito ciò che è oggi. Solo questo vale mezzo programma. Dunque non serve a niente cercare di mettere insieme due debolezze per farne una al quadrato o metterne insieme tre con +Europa per fare una debolezza al cubo. Serve il coraggio di mettersi in discussione e contribuire a scrivere un libro bianco. Un libro bianco che parli di un partito nuovo, con un nuovo linguaggio non più intriso di termini iperinflazionati e ormai insignificanti. Un libro che parli di una società fondata sul merito e opportunità, su un nuovo equilibrio tra diritti e doveri, tra bisogni e desideri, su una nuova etica della responsabilità individuale. Un libro che parli di liberalismo con la messa al bando di ogni forma di totalitarismo sia questo fascismo, comunismo, fondamentalismo religioso. Un libro che non può essere altro che la nuova costituzione.

Come è misera oggi la politica con la sua inconcludenza per governare il presente, con gli sterili battibecchi, l’egocentrismo, l’unirsi per opporsi ad un avversario che per esistere bisogna chiamarlo nemico. Tutto questo dice al cittadino non andare a votare, cioè impedisce di fatto uno dei diritti fondamentali della libertà e democrazia: la scelta consapevole della classe dirigente del Paese, l’idea di società che ne sta alla base e il programma per affermarla. Oggi c’è spazio solo per truppe cammellate, fideistiche, da fans club con alla testa il “re” di turno, pilotate attraverso i mezzi di comunicazione, i social. In questo marasma statista cercasi ma sarebbe già tanto se donne e uomini avessero l’opportunità di stare insieme per immaginare il futuro. Nulla di ciò che oggi esiste è in grado di offrire tale opportunità. Coraggio allora e ognuno di noi si senta e sia “costituente”.