Draghi

Partiti feriti nell’orgoglio, Cangini: “L’amico Draghi ha rivelato che sono cornuti”

Mancano meno di 24 ore alle comunicazioni del presidente del Consiglio e al successivo dibattito sulla fiducia con il voto che partirà da Palazzo Madama. E si continua a parlare di questa crisi, l’ennesima crisi arrivata in piena estate, che rischia di affossare il Paese. Perché Mario Draghi resta la miglior leadership possibile. Su “Il Giornale” Andrea Cangini riflette sull’attuale situazione politica: il giornalista pone un paragone molto interessante per far capire ai lettori cosa sia realmente accaduto in questi surreali cinque giorni a Roma.

“Gira che ti rigira, è sempre lì che si ritorna: al dilemma del vecchio amico. Dirgli o non dirgli che la moglie lo tradisce? La verità presenta sempre costi alti e il costo della verità in questo caso è l’amicizia. Se dotato di sufficiente uso di mondo, infatti, il vecchio amico sa bene che rivelando il vero si assume una responsabilità e che quella responsabilità non verrà perdonata dall’amico scopertosi improvvisamente cornuto. L’amico, ovviamente, lo ringrazierà. Ma in cuor suo attribuirà all’incolpevole ambasciatore la pena e l’umiliazione subite. Ecco, accettando l’incarico di formare un governo, nel febbraio dello scorso anno Mario Draghi ha rivelato ai partiti che sono cornuti. Traditi dalla demagogia e dalla pochezza di molti dei loro stessi leader, privi di autorevolezza, calati in un sistema politico ed istituzionale ritenuto bacato da decenni e ora ufficialmente in crisi. Poteva, il vecchio amico Mario Draghi, aspettarsi lealtà e riconoscenza da tutti? No, non poteva”, scrive su “Il Giornale” Cangini, consapevole che l’ingratitudine è cosa assai diffusa. Soprattutto in politica. Ma è una legge non scritta che tutti conoscono. Draghi pure l’aveva previsto: sapeva che con l’avvicinarsi delle elezioni i partiti avrebbero ripreso a sgomitare.

“Giuseppe Conte e quel che resta del Movimento 5stelle hanno esagerato. Ma Conte è Conte e i grillini sono i grillini. Interrompendo a causa loro l’azione di un governo reclamato a gran voce da cittadini e poteri italiani ed occidentali si finisce per nobilitarli, per elevarli di grado, per attribuirgli un ruolo che non hanno né meritano. Ne vale la pena? Vale la pena di rinverdire la secolare immagine dell’Italietta ingovernabile abitata da cicale refrattarie ad ogni responsabilità? Vale la pena di strappare un sorriso a Putin, indebolire il fronte Atlantico, far firbrillare l’Europa, mettere a rischio i Pnrr, far impennare lo spread, far crollare la Borsa, mettere in allarme gli investitori internazionali, congelare le trattative su Ita, MPS, Rete unica… avendo ancora la fiducia del Parlamento?”, si chiede Cangini nel suo articolo. Poi il senatore insiste: “Il gran rifiuto di Mario Draghi sarebbe costituzionalmente legittimo, s’intende. E la sua palpabile insofferenza è umanamente comprensibile, oltre che razionalmente giustificabile. Ma nel momento in cui ha accettato di sacrificarsi per la nazione era consapevole di rivelare ai partiti la propria condizione di cornuti: qualcuno lo sapeva e ha fatto finta di nulla; qualcuno lo sapeva e poteva reagire meglio; qualcuno non lo sapeva e ha reagito nel peggiore dei modi. Un uomo di mondo non si stupisce né si offende. Un uomo di mondo queste cose le sa, se le aspetta, le governa”. Sembra voglia persuadere il premier Draghi a restare. Per la serie “Mario, tira dritto. Vai avanti!”. Il poeta direbbe: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.