Partiamo dal linguaggio di Draghi per riscrivere il vocabolario politico

Cos’è oggi il linguaggio della politica?
È un susseguirsi illogico, perché dietro non c’è un racconto politico, di slogan celebrativi dell’autoreferenzialità.

Pensiamo solo alla fatica che abbiamo fatto, e che stiamo facendo, per mettere al centro di questa campagna elettorale il nostro racconto politico fatto di concretezza, razionalità, verità.
Soprattutto pensiamo alla fatica di interloquire con il giornalista di turno,  che a tutto è interessato meno che mai al racconto politico così “noioso”, una noia dettata più dall’incompetenza di chi dovrebbe fare informazione.

La battuta, la polemica spicciola del “Lui ha detto, lei cosa risponde”, riferita sempre a slogan autoreferenziali.

Mario Draghi, in questi 20 mesi, ha imposto dall’alto della sua conoscenza, cultura ed esperienza, un linguaggio sobrio: concretezza, razionalità, verità.
Oggi stiamo vociferando sul suo “No” ad un’eventuale nuovo mandato senza minimamente riflettere sulla stupidità della domanda. Ad una settimana dal voto che comunque sia va rispettato, cosa doveva rispondere.
Come, uno come lui, può essere complice del gioco effimero dei sottintesi, delle sfumature, delle interpretazioni, frutto molto spesso non di una riflessione personale ma delle interpretazioni già espresse.

La mia interpretazione per essere più accattivante, si deve differenziare dalle altre, non conta cosa realmente penso.
È un puzzle che si deve comporre senza contemplare il fattore tempo: quel No vale per oggi e risponde a ciò che oggi c’è. Domani? La storia è lastricata, come deve essere, dei “No” e dei “Si”, interscambiabili tra loro.
La vicenda di per sé semplice, logica, pone la necessità di rivoluzionare il linguaggio della politica.
La rivoluzione della normalità in cui ogni parola assume un significato preciso perché è essa stessa parte del racconto politico. Questo deve diventare il nostro assillo quotidiano rispetto al progetto politico che vogliamo realizzare.
Essere gli alfieri del rinnovamento della politica vuol dire essere prima di tutto gli alfieri del rinnovamento del linguaggio della politica. Renew Italia è liberalismo, punto.

Si contrappone al populismo sovranismo, punto. Liberalismo contro populismo sovranismo ecco la spaccatura della società di oggi, non serve a niente definirla dominante, è ciò che oggi c’è. Renew è riformista, progressista, popolare semplicemente perché è liberale. Non è lana caprina ma è ciò che distingue.
La socialdemocrazia è cultura riformista, ma non è la cultura riformista del liberalismo.
Il nostro grado di inclusione non sta negli aggettivi, ma nel rendere reale la partecipazione attiva di chiunque interessato alla definizione del nostro racconto politico che è e deve essere liberale e contestualmente positivamente discriminante non perché individua il nemico, ma per la chiarezza della diversità rispetto ad una socialdemocrazia che ci può vedere alleati o avversari, rispetto al populismo sovranismo che ci vede alternativi.

Ecco, partiamo dal No di Mario Draghi per cominciare a scrivere il nuovo vocabolario della politica.