E’ come se le dita delle mani volessero sottrarsi dalla tastiera del pc pur di non scrivere. Quasi per pudore; per vergogna di quanto può arrivare a commettere il genere umano. Sì, è vero, lo sappiamo bene: è sotto gli occhi del mondo dal 24 febbraio la barbarie che l’uomo può arrivare a compiere. Eppure, raccontare, fa male ogni volta.
Un nuovo rapporto Onu, reso noto nei giorni scorsi a Ginevra, denuncia gravissimi abusi sulla pelle dei migranti detenuti in Libia: gli investigatori delle Nazioni Unite, nel documento, hanno stilato un elenco atroce di violenze che parla di omicidi, torture e di migranti tenuti in schiavitù, con un capitolo a parte dedicato alle donne che vengono violentate in cambio di cibo e acqua.
Nel rapporto viene esplicitato che i migranti che cercano di raggiungere l’Europa subiscono violenze sessuali da parte di vari trafficanti, spesso con l’obiettivo di estorcere denaro alle famiglie rimaste nei paesi di origine. “La missione conoscitiva dell’Onu ha fondati motivi per ritenere che crimini contro l’umanità siano stati commessi contro migranti in Libia”.
Il documento si basa su numerose testimonianze rese dagli stessi detenuti. Migliaia di migranti sono detenuti nei centri gestiti dalla Direzione per la lotta all’Immigrazione illegale (Dcim), in strutture controllate da gruppi armati non statali o tenuti prigionieri dagli stessi trafficanti.
I migranti sono detenuti in modo “arbitrario e sistematico”, sono vittime di “omicidio, sparizione forzata, tortura, riduzione in schiavitù, violenza sessuale, stupro e altri atti disumani”, si legge nel rapporto.
Le donne migranti, anche minori, sono soggette a violenza sessuale sistematica e affermano di essere state “costrette a fare sesso in cambio di cibo o altri prodotti essenziali”.
Tra le vittime di violenza sessuale figurano anche molti uomini. Gli autori del rapporto, inoltre, spiegano che proprio per il rischio “noto” di violenze sessuali, alcune “donne e ragazze migranti si sono premunite attraverso impianti contraccettivi prima di intraprendere il viaggio verso la Libia per evitare gravidanze indesiderate”. Una donna migrante, tenuta prigioniera ad Ajdabiya, ha raccontato agli investigatori dell’Onu che i suoi rapitori le chiedevano sesso in cambio di acqua, acqua di cui aveva bisogno per il suo bambino malato di sei mesi.
La missione conoscitiva, creata nel giugno 2020 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha il compito di documentare gli abusi commessi in Libia dal 2016. Il suo mandato sta finendo ma un gruppo di paesi africani ha depositato una bozza di risoluzione per prorogarlo di nove mesi. Se ne parlerà alla fine della prossima settimana. Lo scorso ottobre, gli investigatori hanno assicurato che crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono stati commessi in Libia dal 2016, anche nelle carceri e contro i migranti. Tuttavia, l’elenco dei presunti autori di queste atrocità rimane riservato.
E 20 migranti sono stati trovati morti per la sete nel deserto della Libia, ai confini con il Ciad, dopo che il loro veicolo è andato in panne nel caldo infernale. Lo hanno riferito il servizio di “soccorso ed emergenza” della città di Kufra, nell’estremo sud-est del Paese, in una nota pubblicata assieme a un video che mostra corpi in stato di decomposizione sulla sabbia vicino al mezzo.
I corpi sono stati scoperti da un camionista che viaggiava attraverso il deserto e sono stati recuperati martedì a circa 310 km a sud-ovest di Kufra e 120 km dal confine con il Ciad. “L’autista si è perso… e crediamo che il gruppo sia morto nel deserto circa 14 giorni fa, dato che l’ultima chiamata trovata su un telefono cellulare c’è stata il 13 giugno”, ha detto al telefono il capo dell’ambulanza di Kufra Ibrahim Belhasan. Due dei corpi erano libici e si crede che gli altri fossero migranti provenienti dal Ciad che attraversavano illegalmente la Libia, ha detto Belhasan.
In questa zona arida del deserto libico con una popolazione molto bassa, le temperature possono superare i 40 gradi in estate. Il deserto a sud della Libia, Paese sprofondato nel caos dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011, è diventato negli ultimi anni un punto caldo per il contrabbando di merci e l’immigrazione clandestina.
Migliaia di migranti attraversano ogni anno i porosi confini della Libia dal Sudan, Niger e Ciad, per venire a lavorare in questo Paese o per tentare la traversata del Mediterraneo verso l’Europa. I casi di migranti dispersi o trovati morti in mezzo al deserto sono frequenti.