Giorgetti Salvini

Ormai è evidente, Giorgetti non ne può più di Salvini

Sembra proprio che ci tenga Matteo Salvini a fare una nuova brutta figura. Quella con il sindaco polacco di Przemysl, che gli ha sventolato in faccia la t-shirt con il faccione di Putin, forse non gli è bastata. L’impressione è che “accortezza” non faccia parte del vocabolario del leader della Lega, che si dice pronto a far ritorno a Canossa, o forse dovremmo dire, a Mosca. Secondo quanto riferito da «Repubblica» il leader della Lega dovrebbe arrivare al Cremlino nei prossimi giorni accompagnato da una delegazione di cinque o sei esponenti della Lega. Fonti diplomatiche russe hanno informato i competenti canali istituzionali italiani di aver ricevuto una richiesta formale di visto da parte dell’ex vicepremier e dai suoi accompagnatori.

A leggere l’indiscrezione verrebbe da dire che sul serio non guasterebbe un po’ di “prudenza”. Che è quella che ha auspicato ieri il ministro dello Sviluppo Economico e vicesegretario del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, in conferenza stampa. Ad un giornalista che gli chiedeva della disponibilità di Salvini a volare in Russia per parlare con Vladimir Putin, Giorgetti, che sembra non poterne più delle sortite del segretario del Carroccio, ha detto imbarazzato: “Non mi risulta che sia in programma un viaggio di questo tipo. Andrebbe coordinato con il governo che la Lega sostiene”. Per “salvare il salvabile”, Giorgetti, che era seduto accanto a Draghi, che non ha battuto ciglio, ha poi aggiunto: “Salvini è animato da sincere intenzioni pacifiste”.

Già durante un’ospitata a «Non è l’Arena» Salvini aveva palesato le sue intenzioni: “Andrei a Mosca domattina se servisse ad avvicinare la pace. Ci stiamo lavorando, riservatamente qualcosa stiamo facendo. Ma se riuscissi a parlare con Mosca, scommettiamo che il 99% della stampa libera e dei parlamentari direbbero che è sempre lo stesso Salvini amico di Putin?”. In quella stessa occasione aveva ammesso di aver visto più volte lo zar: “L’ho incontrato due volte: è chiaro che attaccando è passato dalla parte del torto. Ora o si punta alla guerra nucleare o bisogna accompagnare e costringere Putin e Zelensky al tavolo negoziale. Ho l’impressione che se anche i due volessero dialogare, altri invece alzerebbero i toni”. Dichiarazioni preoccupanti perché segnano una sorta di distinguo rispetto al governo. Un volersi quasi smarcare che fa piacere ovviamente alla Russia e che preoccupa l’Europa. Il timore è che possa rivelarsi proprio l’Italia l’anello debole della catena. Che il filoputinismo, la propaganda dello zar, possano filtrare da lì. Da quegli spazi ambigui, irrisolti, in cui Salvini sembra acciambellarsi e star comodo. Anche perché non dimentichiamoci che è su Rete 4 che il ministro Lavrov ha scelto di rilasciare il primo comizio (pardon intervista) ad una tv europea. E “senza contraddittorio”, come ha evidenziato il premier Draghi in conferenza stampa. Bisogna dunque valutare, soppesare ogni parola.

Rispetto all’invio di aiuti militari all’Ucraina, Salvini aveva detto a Isoradio: “Per avvicinarsi alla pace non bisogna parlare solo di armi o minacciare il nucleare, serve convincere le parti a dialogare a un tavolo. È chiaro che c’è aggressore e aggredito, però aiutare l’Ucraina ad armare fino all’ultimo uomo non aiuta. Io non penso che inviare altre armi aiuti la pace”. Che è grossomodo l’esatto contrario di quanto asserito da Draghi ieri: “Nessuno di noi vuole abbandonare l’Ucraina. L’Italia agisce in difesa dei valori delle democrazie occidentali. C’è un decreto interministeriale, che prevede l’invio di nuove armi. Questo governo nasce nel solco della Ue, della Nato e delle grandi democrazie occidentali”. Ma Salvini continua a far finta di non capire, insiste nel voler andare per conto suo. D’altra parte ormai sono sempre più diffuse le voci che “qualcosa succederà” dentro la Lega. Nessuno si sbottona, ma pare che le telefonate, le riunioni, i confronti sì siano fatti negli ultimi giorni ancora più frequenti. Parola d’ordine? “Basta con Salvini”.