Il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, ospite su Rai3 al programma «In Mezz’Ora», rispondendo ad una domanda del direttore del «Foglio», Claudio Cerasa, ha detto di sentirsi orgoglioso di aver mandato armi in Ucraina, «armi che stanno permettendo la controffensiva. Non ci si può difendere con le mani nude da una tale aggressione». E pensare però che l’ex premier in un’intervista concessa ad «Avvenire» aveva detto qualche giorno fa l’esatto opposto: «Le parole pace, negoziato, diplomazia sono sparite dal dibattito pubblico. Mi chiedo: ci siamo rassegnati all’ineluttabilità della guerra? Quando il M5s ha posto obiezioni, metteva in guardia proprio da questo: guerra chiama guerra, vorrei fosse una posizione condivisa con forza da tanti. Una politica al passo con i tempi aprirebbe oggi un dibattito sulla necessaria fine della corsa agli armamenti, non solo in Ucraina». A Conte verrebbe da chiedere: ma come avrebbe potuto Kiev difendersi da Mosca senza le armi degli occidentali? Senza il sostegno degli alleati?
Ad “In Mezz’Ora”, Conte, come dicevamo, si è felicitato con l’Ucraina per aver recuperato terreno anche con le armi inviate dall’Italia, ma poi è di nuovo tornato sui suoi passi. «Siamo contrari» a un eventuale decreto con un ulteriore invio di armi all’Ucraina «perché l’Italia non è in condizione di partecipare a questo sforzo bellico: siamo in recessione», ha asserito il capo politico dei grillini. Poco dopo, in tv, Conte si è affrettato ad aggiungere: «Da subito siamo stati consapevoli che non ci si può difendere a mani nude». Poi ha rilanciato la «vocazione pacifista» del M5S, perché «noi siamo nati il giorno di San Francesco: la nostra strategia è sempre quella di risolvere i conflitti non alimentando l’escalation militare». Soltanto due ore prima della messa in onda del talk di fronte platea amica della festa del «Fatto» l’avvocato del popolo aveva asserito: «L’Italia non è in grado di sopportare un nuovo sforzo bellico, perché siamo in recessione».
Il 5 giugno durante la tournée elettorale delle amministrative Conte aveva dichiarato: «L’Italia può essere protagonista sulla guerra: basta riarmo ed escalation militare. Vogliamo che Draghi sia protagonista in Europa: non per proporre la pace, ma per imporla». Oggi quello stesso Conte, tuttavia, si congratula con l’Ucraina per i risultati ottenuti (ottenuti appunto con le armi degli Occidentali). Non sentite che c’è qualcosa che stona? Non vi sa di tremenda giravolta? L’invio delle armi, non dimentichiamoci, è stato infatti motivo di frizione all’interno del Governo, tanto da aprire la spaccatura che ha portato alla crisi dell’esecutivo e alle elezioni anticipate. Alessandro De Angelis sul quotidiano «La Stampa» ha parlato, non a caso, di «contorsione verbale» da parte di Conte, che «disvela quanta ipocrisia c’è stata e c’è nel variegato mondo del pacifismo nostrano. Qualche tempo fa si teorizzò addirittura il ‘dovere della resa’ degli ucraini per non allungare una inevitabile agonia davanti all’invincibile armata di Putin».