Un sistema proporzionale che liberi l’Italia dalla dittatura del bipolarismo. Questo serve all’Italia, a questo la politica italiana deve avere il coraggio di mettere mano. Perché in Italia ormai questo becero bipolarismo, come ha ricordato giorni fa il leader della Buona Destra Filippo Rossi, “costringe a rapporti politici contro natura: europeisti con antieuropei, liberali con populisti, moderati con sovranisti. Un minestrone rancido che tutto uniforma e tutto annulla. Perché quando le differenze incompatibili arrivano fin dentro ai singoli partiti è evidente che l’effetto finale è l’impossibilità di prendere decisioni – scrive Rossi su HuffPost – -. Alla ricerca di compromessi impossibili la politica si blocca a difesa di apparati burocratici che stanno in piedi solo per salvaguardare se stessi e qualche scampolo di potere. Solo così si spiega, ad esempio, la delega totale e assoluta a un tecnico come Mario Draghi alla guida del paese: questo bipolarismo, semplicemente, non è in grado di governare. E non lo è proprio a causa della promiscuità interna che caratterizza i due blocchi costruiti a tavolino senza nessun vero collegamento con la realtà”.
Insomma, è ora di dire basta ad un “bipolarismo bastardo”, come lo ha chiamato Renato Brunetta, che è fonte di instabilità e ingovernabilità, con assoluta mancanza di visione: in Italia, infatti, il maggioritario ha prodotto fino ad oggi non due visioni alternative che convergono al centro e isolano gli estremismi, ma l’esatto contrario, cioè la radicalizzazione dell’offerta politica. Ora però la contingenza della guerra in Ucraina ha ripresentato l’urgente necessità di dotarsi di un quadro più stabile: in questo momento storico ne va addirittura della sicurezza nazionale.
Lo ha capito anche il Partito democratico, che ha presentato attraverso il dem Matteo Orfini (e l’associazione Left Wing) un documento per una riforma elettorale che miri al proporzionale per superare la frammentazione. Finalmente sulla questione si comincia a discutere, in maniera concreta, cercando forse di andare oltre le favole che in Parlamento si raccontano da trent’anni sulle regole con cui attuare una eventuale riforma senza mai portarla a compimento. Che sia l’inizio di una nuova fase?