Oggi sul «Corriere della Sera» il segretario del Pd Enrico Letta ha avanzato una proposta molto interessante, quella di creare una confederazione tra l’Unione europea dei 27 e i Paesi candidati all’ingresso nell’Ue, come Ucraina, i paesi balcanici, Georgia e Moldavia. L’obiettivo quello di mettere insieme anche i Paesi che vogliono o stanno per entrare nell’Ue. «Bisogna capire se è possibile farlo e come farlo, ma è una risposta al fatto che l’Europa è il nostro destino migliore e ha mantenuto la sua capacità di attrazione», ha detto il segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, che guarda con favore all’idea del leader dei Dem. Non è che la base di un ragionamento su cui tutti dovremmo riflettere.
«L’Ucraina si è candidata a entrare nell’Ue. Da Bruxelles e dalle altre capitali europee questa aspirazione è stata incoraggiata senza indugi. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, domenica su questo giornale, ha richiamato il valore dell’autodeterminazione del popolo ucraino. Un popolo che ha scelto col referendum «estremo» — quello tra la vita e la morte — di non soccombere alla dominazione russa e di voler far parte dell’Europa unita», ha esordito Enrico Letta sul «Corriere della Sera». «Sono d’accordo con le sue parole. L’obiettivo primario è la pace, con veri negoziati che facciano cessare le ostilità. È giusto aprire le porte all’Ucraina e ad altri Paesi dell’Est che hanno la stessa aspirazione di libertà e democrazia. È sbagliato sminuire la complessità di questo processo. L’ingresso è tutt’altro che semplice. Molti i ritardi da colmare per adeguarsi agli standard richiesti, imponente l’impatto potenziale di un nuovo allargamento sull’assetto stesso dell’Ue. Dopo l’89 si procedette senza visione. All’inizio grandi promesse; poi anni di docce fredde; infine, l’accelerazione. Il risultato? Il risentimento negli uni, i nuovi arrivati, e la diffidenza degli altri, i vecchi membri. Le vicende successive di Ungheria, Polonia o del gruppo di Visegrad lo testimoniano», ha spiegato l’ex presidente del consiglio.
L’appello di Letta è di non commettere gli stessi sbagli. Da qui la proposta di creare subito una Confederazione europea, così da ottenere un duplice risultato: «L’Ucraina e gli altri Paesi in attesa potrebbero partecipare alla vita pubblica europea e avere soggettività in uno spazio politico e strategico comune. In parallelo proseguirebbe, senza forzature e con la tempistica opportuna, il percorso ordinato di adesione alla Ue». Come fare? «La declinazione più concreta di questo modello sarebbero le riunioni dei Consigli europei che dovrebbero essere immediatamente seguite, con grande forza simbolica, nello stesso luogo, dal summit dei leader della Confederazione», ha spiegato Letta. «In passato si scelse altrimenti e tutto si complicò, per questa ragione il leader dei Dem invita a lasciare da parte la retorica per costruire «un’architettura più ambiziosa. Il tutto al fine di far coesistere due esigenze complementari: la condivisione immediata della politica e l’adeguamento progressivo delle politiche», ha rimarcato.
«La Confederazione europea sarebbe il luogo del dialogo politico tra i 36 membri. Si concorderebbero scelte comuni. Si affinerebbe la capacità di definire insieme strategie globali, a partire dalla difesa della pace, dalla sicurezza, dalla promozione di un modello di sviluppo giusto e sostenibile e dalla lotta al cambiamento climatico. E si caricherebbe di forza, anche simbolica, l’unità del continente», ha sottolineato Letta. Poi le conclusioni: «Il 24 febbraio, il giorno in cui Putin con l’invasione ha tentato di riportarci tutti nel peggiore Novecento, è una cesura che segna un passaggio d’epoca. L’Europa di domani sarà diversa, comunque diversa. Per questo è vitale guidare il cambiamento e non farsi guidare dagli eventi, a partire dalla determinazione a fare dell’Unione Europea sempre di più un continente di pace che lotta per la pace. L’Europa è la nostra casa: è talmente attrattiva che milioni e milioni di cittadini dall’esterno vogliono farvi parte. È talmente preziosa che riformarla, rendendola più solida, è un dovere storico, forse il più impegnativo mai affrontato dalle nostre generazioni».