“Not in my name”: il buon esempio di Nathalie Tocci contro propaganda e disinformazione

“Nella giornata della libertà di stampa ho detto no, not in my name”. Nathalie Tocci, 45 anni, è la direttrice dell’Istituto Affari Internazionali. E l’altra sera ha detto no. No alla sua partecipazione ad un talk show italiano dove si faceva disinformazione con ospiti della propaganda russa. Perché “esiste un vocabolario condiviso: i fatti – dice -. Ma non è questa la logica che anima la maggior parte della televisione italiana. E io non sono disposta a diventare complice della disinformazione”.

Tocci, che finalmente dice ciò che in molti pensano, vale a dire che l’audience è la pubblicità contano più della corretta informazione (vedi intervista su Rete4 al ministro russo Lavrov), definisce il suo “un piccolo atto di resistenza civile in segno di solidarietà con quei colleghi in Russia che sono stati dichiarati agenti di uno Stato straniero, quelli che rischiano la vita ogni giorno rimanendo nei Paesi, tutti quelli, che a differenza nostra, dei nostri ciarlatani così come dei propagandisti russi, non hanno la possibilità di esprimersi liberamente”.

LIeri sera avrei dovuto partecipare a un talk show, avevo accettato in base agli altri ospiti – aveva raccontato Tocci per motivare la sua decisione -; da qualche settimana è diventato questo il criterio che utilizzo per accettare o meno gli inviti televisivi quando sono disponibile. Gli altri invitati non erano tutte persone delle quali condivido analisi e opinioni. Ci mancherebbe altro. C’è però una linea oltre la quale non sono disposta ad andare. Non sono disposta a diventare complice della disinformazione e, in quanto tale, alimentare la guerra in corso, una guerra che si combatte tanto sul campo di battaglia quanto sul piano mediatico”.

“Ecco che quando ho saputo che tra gli invitati alla trasmissione ci sarebbe stata una propagandista che lavora per il ministero della Difesa russo ho tirato la linea. Grazie, ma no grazie – spiega ancora -. Perché la linea, e perché qui? Condivido l’importanza della diversità di opinione. Ma c’è un limite, e oltrepassato quello si va oltre un gioco a somma zero. Quando viene ospitata la propaganda russa. Nel formato del talk show il conduttore non smaschera le bufale fattuali, non fa fact-checking, bensì le presenta come opinioni che un altro ‘opinionista’ è chiamato a contrastare, peraltro in pochi minuti. Falso e vero vengono messi sullo stesso piano, e la meglio la ha chi interrompe, urla e la butta più in caciara. La disinformazione vuole esattamente questo”.

Tocci è intervenuta anche sulla “star” tv del momento, l’opinionista filorusso presentato da esperto, quel professor Alessandro Orsini che la direttrice dell’Istituto Affari Internazionali afferma di non conoscere. “Strano che io Orsini non l’abbia mai conosciuto prima, in Italia la comunità che si occupa di politica internazionale è piccina – dice ancora Tocci -. Non interessa la politica internazionale in questo Paese. Perché poi l’Italia viene selezionata dalla Russia come anello debole? Perché la disinformazione fa ‘brezza’ nell’ignoranza. Questa è la verità. Io faccio questo mestiere da 25 anni: se non ti ho mai visto e conosciuto è come minimo un po’ strano. Perché ci conosciamo tutti. E quindi ci si chiede Perché in questo momento alcuni personaggi spuntano come funghi? È strano”.