Nordio, il garantista da passerella che va dove non dovrebbe

Alla convention di Fratelli di Italia che si sta tenendo in questi giorni, ieri ha fatto la sua comparsa come ospite l’ex magistrato Carlo Nordio, pochi mesi fa addirittura candidato dal partito della Meloni alla presidenza della Repubblica.

Che cosa ci è andato a fare Nordio al raduno programmatico di Fratelli d’Italia? Non ci sono certezze sul punto. Forse un semplice gesto di cortesia o forse un passaggio preliminare per la discesa in campo in politica nelle fila di Fratelli di Italia. D’altra parte, il rapporto fra i due (Nordio e Meloni) è consolidato, al punto che, secondo alcuni rumors, la candidata premier in perctore di un Governo che forse nemmeno vedrà mai la luce, avrebbe proposto a Nordio l’incarico di futuro ministro della Giustizia.

L’interessato smentisce categoricamente ma lascia filtrare che non sarebbe proprio contrario a incarichi di natura tecnica visto che, a dispetto delle sue parole (“credo sia necessario avere una buona esperienza politica che io non ho, non credo di essere adatto a cariche politiche”), il legame con la politica è forte e datato. Già consulente per la Commissione parlamentare per il terrorismo e le stragi dal 1997 al 2001, ha poi guidato la commissione per la riforma del Codice Penale (2002-2006), poi di fatto abortita. Magistrato con la fama di duro, Carlo Nordio riporterebbe la destra italiana, nelle intenzioni di Fratelli di Italia, al vecchio schema “law and order” assai appannato durante gli anni del berlusconismo ma che piace ancora tanto a qualcuno.

Però esiste un problema in tutto ciò. Fratelli d’Italia si sta vendendo al pubblico come un partito di destra liberale e garantista e come si coniugherebbe il tutto con Nordio ministro o consulente governativo non è dato sapere. Mentre Lega e Forza Italia sbandierano continuamente ai quatto venti il loro garantismo, Fratelli di Italia, al di là della pubblicità autopromozionale, continua nei fatti a nicchiare in modo assai ambiguo (tanto per cambiare). Anche su questo tema si ha la sensazione che il partito della Meloni sia sempre in mezzo al guado, perennemente indeciso su quale strada prendere e sempre in attesa di capire che cosa conviene di più a fini elettorali. Tutto il contrario della destra che sarebbe “decidere e prender posizione”, ma ormai ci stiamo facendo l’abitudine.

Invero, tutta la cifra dell’ambiguità del partito della Meloni emerge dalle parole del loro responsabile giustizia Andrea Del Mastro (chi?), il quale, nel tentativo di mettere insieme cose che insieme non possono andare, ha esplicitamente parlato di “garantismo in fase di accertamento e giustizialismo in fase di esecuzione pena”. Verrebbe da dire: la Costituzione questa sconosciuta. Hanno mai sentito parlare da quelle parti di funzione rieducativa della pena? Hanno mai letto qualcosa di un tale Cesare Beccaria? Del Mastro (chi?), evidentemente no, ma anche gli altri non debbono esser proprio dei cultori del liberalismo giuridico che quella distinzione proprio non la fa.

Che ci fa Carlo Nordio in mezzo a costoro rimane davvero un mistero; certo, avallare la tesi meloniana circa la presunta anomalia degli ultimi governi non eletti dai cittadini, non fa onore ala sua preparazione, visto che dovrebbe sapere che in una repubblica parlamentare è proprio quello che accade sempre. Comunque, lo scivolone non toglie niente al suo “pedigree” di gran giurista, forse…. In ogni caso, per FDI il tema della scelta e dell’uscita dall’ambiguità andrà affrontato e pure presto, visto che il 12 giugno si avvicina e prendere una posizione sui referendum promossi dall’alleato ex-di-ferro Matteo Salvini diventa imperativo. Ma su questo Nordio ha idee ben precise. L’ex magistrato, infatti, non ha molta simpatia per questi referendum, in particolar modo per la limitazione dell’abuso della custodia cautelare e per l’abrogazione della Legge Severino. Sarà forse che la Meloni intenda boicottare i referendum per far dispetto all’ex amico e la presenza di Nordio alla convention sia un segnale? Chissà!

Quel che è certo è che sui referendum le sue posizioni dell’ultra-destra “law and order” nordiana si saldano con quelle dei giustizialisti a cinque stelle (cioè, tutti), e con i duri e puri della sinistra estrema. Insomma, estrema destra, estremo nulla, ed estrema sinistra alleati in questa battaglia di straziante popoulismo giudiziario che accomuna visioni del diritto lontane anni luce dalla tradizione italiana in fatto di diritto.

E dire che di idee buone Nordio le avrebbe pure. Alcune delle sue proposte di riforma soprattutto in campo processuale meriterebbero più di un orecchio attento. Separazione netta delle carriere fra giudici e pm, abrogazione di quell’altra bestialità giuridica che va sotto il nome di obbligatorietà dell’azione penale, piena esecuzione dei principi del processo accusatorio (all’americana, tanto per intenderci) e limitazione netta alla lesione alla privacy da parte delle procure con intercettazioni a base di disnibiti trojan, sono problemi reali cui la politica stenta a dare una risposta netta, soffrendo questa di un travaglismo di ritorno incarnato dal partito di maggioranza relativa (ancora per poco).

Ma se le idee di Nordio sono interessanti, allora non se ne comprendono le posizioni in merito ai questi referendari a carattere più marcatamente garantista. Già abbiamo scritto ampiamente sull’abuso della custodia cautelare, sui numeri impressionanti dei detenuti in attesa di giudizio e della contrarietà a Costituzione di tale prassi, abbiamo anche già dato conto di come anche a quesito approvato, non vi sarebbe alcuno stravolgimento dell’istituto e del potere discrezionale del giudice nell’utilizzarlo. Quindi, caro Nordio, occorre mettersi d’accordo con se stessi: o si è garantisti o si è giustizialisti (Del Mastro mi perdonerà) tertium non datur; o si sposa l’idea che è meglio un colpevole fuori che un innocente in carcere, o non si è garantisti. Il garantismo e lo stato di diritto sono questo, sempre comunque e in ogni fase processuale (Del Mastro mi perdonerà di nuovo). Il resto è marketing.