“Noi di destra cantavamo ‘Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest’. Ci commuovemmo per Jan Palach, che per protestare contro l’invasione sovietica che mise fine alla primavera di Praga si diede fuoco in piazza, nel 1969. E io la canzone sui ragazzi di Budapest la intono ancora adesso perché sono rimasto di destra. Ma proprio per questo non accetto che la mia parte politica possa stare con Putin. È un satrapo pericolosissimo. Un autocrate che soffoca un popolo libero. Lo vuole annettere nella logica dei paesi cuscinetto. Come allora in Ungheria e in Cecoslovacchia, e come nel 1939 Hitler e Stalin con l’invasione della Polonia. Putin vuole distruggere l’Europa, lo stesso disegno di Trump. Ma noi giovani del Msi urlavamo: ‘Europa, Nazione’. Lo avete dimenticato camerati? Io sono italiano, vivo in Spagna, e se devo definirmi dico che sono europeo”.
Per sentire qualcosa di destra, di buona destra, bisogna leggere con attenzione l’intervista di Repubblica a Enzo Raisi, sessantenne ex deputato di An, tra gli ultimi rimasti vicini a Gianfranco Fini dopo la sua caduta in disgrazia. “Ai sovranisti dei ragazzi di Kiev non gliene frega niente, stanno con i loro Caini di allora e di oggi – scrive Raisi su Facebook -. Un mondo alla rovescia. Metà dei miei contatti mi ha investito di critiche, l’altra metà mi ha dato ragione. Chi mi ha contestato l’ho escluso dalle amicizie. È venuto il momento di dire basta a questi compagni di viaggio. Non posso essere amico di chi difende Putin. La Meloni? E’ più per Orban che per Putin. Salvini invece è più marcatamente putiniano: quelli che erano per il Movimento sociale votano un po’ per entrambi alla fine. A destra oggi prevale un antiamericanismo che mi dà la nausea. Applaudono il capo che risolve i problemi. Anche nel Ventennio fu così. La modernità si governa, altrimenti l’uomo forte poi t’invade. In questo la destra dimostra di essere chiusa in sé stessa. Questa guerra è vicina e ci toccherà. Quando un lupo come Putin è affamato alla fine azzanna tutto il gregge”.
Poco da aggiungere.