No all’isteria partigiana, sui fatti di Napoli trovare la verità spetta agli organi inquirenti

Il solito, agghiacciante, fatto di cronaca…

A Napoli, un ragazzo di 15 anni ed il “suo amico” tentano una rapina “a mano armata” ai danni di un Carabiniere in borghese che, estratta la pistola d’ordinanza, gli spara tre volte, uccidendolo. I familiari del ragazzo, appresa la notizia del suo decesso, devastano il reparto di pronto soccorso presso il quale era stato condotto circa un’ora dopo “il fatto”.

Gli “inquirenti” cercano di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti al fine di stabilire, tra l’altro, se vi siano, o meno, i requisiti/presupposti per l’applicazione (“piena”) della causa di giustificazione data dalla legittima difesa.

Molto probabilmente, e giusto per sintetizzare al massimo qualcosa che, invece, meriterebbe (e meriterà) ben più pregnante approfondimento da parte di chi di dovere, saranno decisive le riprese video (pare che ve ne siano) nonché, sia la collocazione che la stessa “posizione, il “punto di partenza” (chiamiamolo così) dei tre colpi di pistola esplosi dal Carabiniere (nel reagire, ha sparato frontalmente oppure no? È andata così per tutti i colpi  o qualcuno di essi è stato esploso mentre il ladro era di spalle?).

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Ovviamente, siccome siamo in Italia, subito si è scatenata la ridda delle partigianerie… “Giù le mani dal Carabiniere”, giusto per “dirne una” apparsa su uno dei soliti quotidiani nazionali.

Quando accadono fatti del genere, “l’isteria partigiana”, i giudizi sommari, sono la cosa peggiore. Viviamo in uno Stato di diritto e nessuna azione potrà mai essere ritenuta legittima se commessa in violazione della Legge.

“Qui”, perdonatemi l’uso degli aggettivi (non voglio offendere proprio nessuno!) non si tratta di trasformare un “ladro” in “eroe” (ne sarebbe assurda finanche la stessa, ipotetica petizione di principio; ne sarebbe ridicola finanche “l’idea”), ma di stabilire che non vi sia, altresì, un “giustiziatore”, e questo richiederà, necessariamente, tempo, pazienza ed equilibrio.

Nelle more, evitare di strumentalizzare un fatto di vita che ha profondamente cambiato l’esistenza di due nuclei familiari, sarebbe (a dir poco) il minimo. Fare propaganda sulla vita della gente, e seguirla supinamente, non saranno mai cose degne per un Paese che ambisce ad essere civile.

La magistratura farà il suo dovere: prima di usare la “ghigliottina mediatica”, in una direzione o nell’altra, aspettiamo di conoscere (almeno) la verità (processuale)…