“Credo che l’Europa si debba mettere tutta unita insieme a fare una proposta di pace agli ucraini,” dice Silvio Berlusconi da quel di Napoli, “cercando di far accogliere agli ucraini quelle che sono le domande di Putin”. E ancora “Io dico che inviare armi significa essere cobelligeranti, essere anche noi in guerra. Cerchiamo di far finire in fretta questo conflitto e se dovessimo inviarle beh, sarebbe meglio non fare tanta pubblicità, no?”.
C’è poco da commentare e ancora meno da sorprendersi per queste dichiarazioni del Cavaliere. Silvio iscrive ciò che resta di Forza Italia al partito del menefreghismo e della ipocrisia sulla Ucraina, che in Italia è sempre stato maggioritario quando si parla di politica estera e che può contare su tanti politici che nel corso degli anni hanno sfilato alla corte del bandito criminale di guerra Putin. Silvio e Forza Italia come Salvini e la Lega, come Conte e 5 Stelle. È il fronte azzurro giallo verde della resa, del tengo famiglia, del quattrino da tutelare prima di qualsiasi idea di valore morale.
Questa politica ha reso il nostro Paese piccolo, anche prima degli statisti odierni, ogni volta che ci siamo accodati, non abbiamo scelto, abbiamo oscillato cercando l’interesse del momento. Berlusconi parla mentre arrivano nuovi video sulle esecuzioni e le stragi di Bucha. Quelle parole, che segnano anche la subordinazione definitiva di Forza Italia alla Lega di Salvini, non sorprendono e in fondo non hanno importanza. Un anziano signore seduto a un tavolino di una pizzeria di Napoli con la sua compagna, intrattiene i passanti intonando canzoncine e gettando lì qualche considerazione sulla guerra.
Altrove, i protagonisti decidono, combattono, forse vinceranno in nome di quella libertà che per 20 anni Berlusconi ha agitato come una bandierina. Buona a strappare qualche voto ai boccaloni liberali e moderati italiani. Inutile provare nostalgia.