Nassiryia, tutti insieme per non dimenticare

di Francesco Rubera

Il 12 novembre ricorre l’anniversario di un triste evento. Leggendo dopo 17 anni quell’episodio, pare che il tempo si sia fermato a Nassiriya. L’ Italia perse 12 Carabinieri, 5 militari dell’Esercito, 2 civili, un cooperatore internazionale e il regista Stefano Rolla, che era impegnato nelle riprese di uno sceneggiato proprio a Nassiriya per descrivere l’impegno per la ricostruzione del paese. Una missione di pace finita in modo orribile. Un attentato che lasciò i familiari e l’Italia con il fiato sospeso per molte ore. Si volevano conoscere tutti i nomi e la sorte dei nostri eroi. Volevamo sperare che la sorte bruta e crudele avesse risparmiato più vite possibili, a fronte di chiunque si trovasse in quel paese, maledetto dalla guerra. Non dimenticheremo mai gli eroi di Nassiriya e li piangiamo ancora oggi insieme alle loro famiglie.

Stamane, nel giorno dell’anniversario, la vedova del brigadiere Coletta, “il brigadiere dei bambini”, sul profilo facebook dell’associazione fondata in onore di Giuseppe Coletta, di Avola (Sr), eroe di Nassiriya, ci ricorda il vissuto drammatico di quei momenti, facendoci rivivere l’emozione che sprigiona il lutto di quel giorno:

“Mi alzai molto presto, quel mattino del 12 Novembre di 17 anni fa, stavo ricamando un fiocco per una imminente nascita, una nuova vita sarebbe venuta al mondo, era un regalo per il lieto evento di una mia amica (ricamavo degli Angeli , pensate). Avevo l’anima in subbuglio, tutta la notte ero stata inquieta, la mia Maria non stava bene, e di li a poco, l’avrei portata dalla pediatra. La mia inquietudine però nascondeva altro. Svegliai Maria, la preparai, e ci avviammo in macchina verso la dottoressa, pochi metri in auto, ed ecco che squilla il cellulare “Margherita hai saputo cosa è successo in Iraq?”. Non capivo, cercavo di pensare al nome di quella città dove mio marito era in Missione di Pace, ma “l’Iraq è talmente vasto come territorio, pensai”. La telefonata seguente fu più precisa. “NASSIRIYA”. Ecco, ora l’anima ripresentò tutta l’agitazione provata quella notte, ora il mio cuore iniziava a battere veloce, mille pensieri si affollavano nella mia mente” no, non può essere, Giuseppe non può essere fra i caduti, però perché non chiama? Lui avrebbe chiamato per far sapere che stava bene”. Ed invece lui non c’era più, era stato ammazzato, fatto saltare in aria da 300 kili di tritolo insieme ai suoi colleghi, amici, gli stessi con cui pochi minuti prima aveva preso il caffè, il suo ultimo caffè, con cui aveva scambiato le sue ultime parole. Saltato in aria insieme a nove Iracheni, bambini, persone a cui chissà quante volte ha donato un sorriso, una bottiglietta d’acqua, merendine. Così, la vita, l’amore, il forte legame che unisce un marito ed una moglie, in pochi istanti viene spazzato via, azzerato, terrenamente distrutto. Se non fosse per Grazia di Dio, se non avessi saputo che dietro a quella tragedia, a quel dolore umanamente insopportabile, insostenibile, sarei morta anche io quel giorno. Il dolore che aveva toccato la nostra vita, mia e di Giuseppe, il 7 Giugno del 1997 con la morte del nostro Paolo di soli 6 anni, sembrava fosse ciò che di più grande si potesse provare, ed era così, ma a distanza di 6 anni, si ripresentava, forte, dilaniamte, quasi come se ti strappasero il cuore. Ma poi, fissando la mia Maria, volgendo a lei il mio sguardo, la nostra Maria, così piccola, (aveva soli due anni e mezzo), mi facevo forza, dovevo vivere per lei, aveva bisogno della sua mamma, anche lei era stata trafitta dal dolore, anche se non capiva cosa stesse accadendo. Come le avrei spiegato che il suo papà non sarebbe più tornato? Come le avrei detto che non c’era più? Ed invece fu lei a darmi risposte”. Mamma, ma a papà lo hanno messo in croce come a Gesù? ” Ecco la risposta a tutto, aveva capito, perché Gesù svela ai piccoli il grande mistero della vita e della morte. Fu lei, a consolare me, a darmi forza, a trovare il coraggio di dire ai nostri amici, parenti, a comunicare ad ognuno di loro, a tutti coloro che telefonavano , che Giuseppe non era più con noi, che il male che abita il cuore di certi uomini, ce lo aveva portato via, che quei meravigliosi occhi verdi non mi avrebbero più guardata come solo lui sapeva fare, che quel viso, il suo sorriso oramai erano devastati dal tritolo, che il suo corpo, le sue braccia che mi stringevano forte, ed in cui trovavo sempre rifugio, riparo, non erano più. A distanza di 17 anni, il dolore non è più intenso, lacerante come quel giorno, così atroce da farti mancare il respiro, questo solo perché nostro Signore lenisce quelle ferite dell’anima, altrimenti non si potrebbe vivere.
La consolazione più grande è quella di aver avuto accanto un uomo meraviglioso, vulcanico, che mi ha tanto amata, e che ho immensamente amato. Per Giuseppe era il momento di “tornare a casa”. Solo Dio sa il perché sia accaduto in quel modo, ma io mi fido e affido sempre a nostro Signore, mio marito è stato un dono di Dio e ringrazio il Signore per averlo avuto al mio fianco , ed anche se lo avuto per poco, Giuseppe, conosciuto da tutti come – IL BRIGADIERE DEI BAMBINI- ora gode della vera vita, quella che é stata preparata per gli OPERATORI DI PACE! “

Nella memoria che ci tramandano le parole della vedova del Brigadiere Coletta c’è tutto il dolore di un momento, la rassegnazione di un addio, il conforto della speranza nella fede, l’amore di una moglie e di una madre, il peso della responsabilità, il destino della guerra che si abbatte su una famiglia già colpita da un grave lutto qualche anno prima, la morte del loro piccolo primogenito a soli 6 anni per una malattia incurabile.

Ma c’è anche il grande valore della dignità della vedova di un eroe, che coinvolge lo spirito di una intera nazione che piange insieme ai familiari quei servitori dello stato caduti in missione di pace per mano infame. Eroi morti per l’umanità, non solo per l’Italia, ma per portare pace nel mondo. Ci sono le emozioni di una bambina che ha capito il sacrificio di Gesù per il mondo.

Erano le ore 10.40 (le 8.40 in Italia) il 12 novembre 2003 L’esplosione, tolse la vita a 28 persone, 19 connazionali e 9 iracheni nel più grave attacco subito dalla fine della seconda guerra mondiale da militari italiani. Non c’è storia che non si racconti senza essere revisionata, quella di Nassiriya non si può revisionare e si deve ricordare e tramandare con emozione ai posteri, come ha coraggiosamente raccontato sui social la Signora Margherita, per non dimenticare quegli eroi.