Mimi Reinhardt, la segretaria di Oskar Schindler che scrisse le liste degli ebrei da salvare durante l’Olocausto, è morta a 107 anni in Israele; dove ha trascorso gli ultimi anni in una casa di riposo a Herzliya, una cittadina sulla costa del Mediterraneo a nord di Tel Aviv.
Era stata lei a redigere materialmente la lista degli oltre mille ebrei che l’industriale tedesco aveva sottratto alle camere a gas naziste: una vicenda drammatica portata all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dal romanzo bestseller di Thomas Keneally “La lista di Schindler” (edito in Italia nel 1985 da Frassinelli nella traduzione di Marisa Castino) e poi soprattutto dal film di Steven Spielberg Schindler’s List, uscito nel 1993 e vincitore di sette premi Oscar oltre che di molti altri riconoscimenti.
Mimi Reinhardt, che dopo la guerra si era trasferita a New York e che solo nel 2007 era emigrata in Israele, aveva incontrato Spielberg durante la fase di preparazione del film, ma aveva confessato di essere riuscita a vedere Schindler’s List solo diversi anni dopo l’uscita della pellicola. “Ero stata invitata — aveva riferito — alla prima del film a New York. Ma ho dovuto uscire prima della proiezione, era troppo duro per me”.
Ebrea di origine austriaca, Mimi Reinhardt prima della Seconda guerra mondiale abitava a Cracovia, in Polonia. Qui, dopo l’invasione tedesca del settembre 1939, era stata assunta da Schindler, che cercava una segretaria che conoscesse il tedesco e l’aveva sottratta al Lager. Quindi l’aveva protetta e tenuta alle sue dipendenze come segretaria fino al termine della guerra, salvandola una seconda volta quando era stata trasferita ad Auschwitz per errore con altre ebree dipendenti di Schindler.
L’imprenditore tedesco, iscritto al Partito nazionalsocialista e legato ai servizi segreti, aveva approfittato dei programmi di “arianizzazione” delle imprese di proprietà ebraica per rilevare a basso prezzo a Cracovia una fabbrica di utensili da cucina, Emalia, che poi aveva in parte riconvertito alla produzione di materiale bellico.
Per la sua officina Schindler aveva utilizzato come manodopera ebrei provenienti dal ghetto di Cracovia, che era riuscito a proteggere con diversi espedienti nel corso della guerra anche grazie ai buoni rapporti che manteneva con il comandante del vicino campo di concentramento di Plaszow, lo spietato ufficiale delle SS Amon Göth.
Quando poi i nazisti nel 1944 avevano sgomberato il Lager con l’intenzione di eliminare fisicamente gli ebrei che vi erano reclusi, Schindler era riuscito a ottenere il trasferimento della sua fabbrica e dei lavoratori addetti a Brünnlitz, in Cecoslovacchia, salvando così circa 1.200 ebrei da morte certa. A tal fine aveva stilato una lista di persone considerate indispensabili per proseguire la produzione nella maniera più efficace. A stendere la lista dei detenuti da impiegare era stata appunto Mimi Reinhardt.
Dopo la guerra Schindler si era trasferito in Argentina in quanto ricercato come nazista ma poi era tornato in Germania e i suoi meriti erano stati riconosciuti grazie alle testimonianze degli ebrei che aveva salvato. Nel 1967 il Memoriale della Shoah di Yad Vashem, in Israele, lo aveva indicato come Giusto tra le nazioni, titolo creato per i non ebrei che salvarono ebrei dalla Shoah. Morì nel 1974 ed è sepolto a Gerusalemme.
Mimi Reinhardt era vissuta negli Stati Uniti fino all’età di 92 anni, quando aveva deciso di raggiungere in Israele il suo unico figlio, professore di Sociologia all’Università di Tel Aviv, e i suoi nipoti. “Mi sento a casa” erano state le sue prime parole quando i giornalisti erano andati ad accoglierla all’aeroporto Ben Gurion.