Metsola: “Approfittiamo di questa crisi per dire basta al gas russo e dotare l’Unione di autonomia energetica”

Dobbiamo usare questa crisi, per creare finalmente l’Unione dell’energia di cui parliamo da anni: connettere i Paesi oggi staccati dal punto di vista energetico, trovare Paesi terzi affidabili e non ultimo, come ha suggerito il presidente Draghi, stipulare contratti d’acquisto e avere riserve comuni”. Per Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, in visita in Italia due giorni per incontrare Mattarella, Casellati e Fico, la guerra in Ucraina deve servire anche per azzerare i rifornimenti di gas dalla Russia ed essere un’occasione per l’Europa di dotarsi di una propria autosufficienza energetica. “Le sanzioni sono sempre difficili da adottare, ciò che abbiamo fatto finora è senza precedenti e con una velocità che non pensavo fosse possibile – dice la Metsola al Corriere della Sera -. Il Parlamento europeo è stato il primo a dire che dobbiamo raggiungere una dipendenza energetica zero dalla Russia. Ogni Paese ha la sua realtà, alcuni sono più dipendenti di altri. Ma l’obiettivo della dipendenza zero dev’essere la nostra priorità, poiché la Russia ha sfruttato troppo a lungo divisioni potenziali fra di noi. Abbiamo spesso scelto le soluzioni più facili, contro i moniti di quei Paesi membri che confinano con la Russia. Ho apprezzato il fatto che dopo molti anni di resistenza la Germania abbia bloccato il Nord Stream 2. Dobbiamo fare affidamento sulla forte componente europeista del programma dell’attuale coalizione al governo a Berlino e su quella base sperare in una maggiore apertura in senso federalista su temi come migrazioni, ambiente, commercio e non ultimo la difesa: l’Afghanistan ci ha insegnato che l’Europa ha bisogno di capacità militari sia dentro che fuori l’Alleanza atlantica. Dobbiamo far sì che la clausola di solidarietà scatti realmente in tema di sicurezza e difesa. E questo è il più grande dibattito che avremo sulla riforma dei Trattati”.

Metsola ha chiaro anche il suolo dell’Italia in questo panorama.Ci vogliono leadership e decisioni difficili, ma non ho dubbi che l’Italia possa essere il leader necessario per questo –  -. E’ un’opportunità che non possiamo assolutamente fallire, un banco di prova per l’Europa, dopo anni nei quali abbiamo preferito non agire, rifugiandoci in una sorta di comoda introspezione invece di guardare cosa succedesse fuori. Ora non c’è alternativa a riconoscere insieme che non siamo stati in grado di prevedere una guerra in Europa e che abbiamo bisogno di politiche comuni della difesa, dell’energia e della sanità. Lunedì presenteremo le conclusioni della Conferenza, il Parlamento mi ha dato un mandato forte per chiedere una Convenzione che si ponga questi obiettivi. Ciò porterà a un grande cambiamento dei Trattati? Siamo pronti, questo cambiamento non potrà essere un passo indietro rispetto a quanto abbiamo oggi. Non dobbiamo dimenticare che ogni qualvolta non abbiamo agito, non è stato perché non potevamo farlo. Infatti, abbiamo agito contro la pandemia, con i vaccini e il recovery act, ma non l’abbiamo fatto sulle migrazioni e sugli investimenti nell’educazione e nella ricerca. Quindi non si tratta tanto o solo di cambiare i trattati, ma di cogliere l’occasione, sapendo che c’è una grande maggioranza dell’opinione pubblica in favore dell’ampliamento e di più Europa”

Nonostante i voti contrari alla riforma di Identità e Democrazia e Riformisti e Democratici, Metsola è convinta che stavolta l’Europa sarà capace di attuare una reale svolta. Nonostante i populisti. “E’ vero, c’è una crescente narrazione populista, che si alimenta di frustrazioni, mancanza di leadership e buona comunicazione, scarsa trasparenza nei processi decisionali – aggiunge -. La mia più grande sfida è colmare il gap tra l’essere eletta in quanto espressione del centro europeista e saper parlare a chi è deluso ed è convinto che la causa dei suoi mali sia l’Europa, anche grazie a quelle forze politiche che danno la colpa degli aumenti dei prezzi dell’energia al green deal. Ma io devo ascoltare i giovani elettori che ci chiedono di essere più ambiziosi sul clima. Ho una scelta: posso sfruttare le frustrazioni, ovvero rispondere ai sogni e alle visioni delle generazioni future. So per cosa mi batto e ognuno si prende la responsabilità delle proprie posizioni, che a volte sono legittime, a volte sono difficili da capire, a volte sono usate nel Parlamento europeo per contrastare alcune narrazioni interne ai vari Paesi. Nulla di nuovo, succede sia a destra che a sinistra. Ciò di cui sono sicura è che la risposta giusta sia di non ripetere gli errori del passato. Il Parlamento è riuscito a far sì che ora ci sia più equilibrio legislativo nel processo decisionale dell’Unione. Essere co-decisori ci ha permesso di tenere più alta la barra delle ambizioni su molti temi. Ora siamo in una situazione nella quale i cittadini ci dicono di fare di più: aiutare l’Ucraina, accogliere più rifugiati, ampliare l’Unione. Se oggi l’Europa ha un atteggiamento diverso rispetto ad altre crisi, è anche grazie a un Parlamento che è stato allo stesso tempo coraggioso e ha saputo interpretare il mandato democratico dei cittadini, con le loro speranze e i loro valori. Noi portiamo sul tavolo temi e istanze che l’Unione nel suo complesso può recepire proprio grazie al Parlamento”.

Sostegno pieno (e armi) all’Ucraina, a cui la Metsola apre le porte della UE. “L’Ucraina sta lottando in Europa per la sua sovranità e integrità territoriale. Se un Paese in quella situazione ci chiede aiuto, sapendo anche che se quell’aiuto non arriva c’è il pericolo che Paesi nostri alleati siano sotto minaccia, allora la mia risposta è decisamente sì – chiarisce -. Quando ho visitato Zelensky, il messaggio univoco di tutta la classe politica ucraina è stato: chiediamo solo di poterci difendere, non abbiamo i soldi e le armi necessarie. E se i Paesi europei hanno sistemi che non usano, allora chiediamo di poterli avere. Ogni Paese che condivide i nostri valori e principi e guarda all’Europa come a casa sua, deve trovarci pronti ad accoglierlo. Ognuno ha la sua strada e fa scelte in tal senso. Lo vediamo con gli attuali Paesi candidati. Ma dico anche che un Paese dove il 97% vuole aderire all’Ue e combatte una guerra con quel sogno in testa, non può essere respinto e debba avere la possibilità di andare avanti passo per passo. Sarebbe il peggior segnale possibile se l’Unione gli voltasse le spalle, una volta che quei passi sono stati compiuti. Quindi sì a un’Europa allargata, ai Paesi già candidati e all’Ucraina appena lo sarà, una volta che i criteri tecnici e legali per esserne parte siano stati soddisfatti”.

Che ruolo deve avere l’Europa nei negoziati e nella ricostruzione? “Gli sforzi individuali visti finora non hanno portato a una de-escalation – conclude -. Ogni sforzo per un negoziato è comunque necessario e una tregua dev’essere la priorità. Ma se il cessate il fuoco si fonda sulla ‘liberazione’ di Mariupol da parte dei russi, allora non ci sto. Negoziato non è quando il fuoco è puntato in una direzione. L’Europa ha un ruolo, anche perché se ci sarà una de-escalation, l’Unione sarà chiamata a fornire miliardi di euro di assistenza all’Ucraina per consentirle di sopravvivere in quanto Stato e ricostruirsi dopo essere stato raso al suolo da un’autocrate che ha tradito l’Europa. Solo noi possiamo farlo, a tutti i livelli”.