Difficile fare risalire la natalità se il ciclo della donna e i prodotti della prima infanzia li rincari per recuperare quattro soldi dall’unica tassa che si ricava da tutti gli italiani, l’Iva nazionale, che non è la Zanicchi.
Questa manovra, povera di soldi e di contenuti, non c’è rilancio della produttività né taglio delle tasse, passerà alla storia come la manovra del tampax, visto il rialzo dell’IVA sui prodotti del ciclo. Che è quello femminile, non quello economico. Ma passerà, come la nottata, con una maggioranza coesa per necessità.
Per orientare il ringhio dell’opposizione, di cui la Premier si nutre, viene lanciata la bistecca della riforma del Premierato. Non di solo Giambruno, e pratiche sessuali intriganti, si può parlare nel teatro della politica, ma anche di fantasie costituzionali.
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Teoricamente il premierato non è scandaloso, alcuni gridano alla castrazione di Mattarella in qualità di presidente della Repubblica, ma il ruolo di costruttori di maggioranze dei presidenti non era quello abituale. Leone o Saragat facevano i notai, perché la politica era forte e decideva nei suoi riti parlamentari. Il problema è che con una legge elettorale come l’attuale si può diventare premier anche da soli se si supera il 30%. E si otterrebbero il 55% dei seggi. Non proprio una democrazia rappresentativa. Una legge del genere dovrebbe avere, per rimanere ancorati ad un’idea democratica non ungherese, una legge proporzionale che favorisca coalizioni, ed una sfiducia costruttiva.
Perché un Premier può sempre andare male o impazzire come la maionese. Ma tanto stiamo parlando del sesso degli angeli. Nessuna riforma costituzionale, a parte quella disastrosa del titolo V, è mai stata approvata. Troppi ostacoli, passaggi, tradimenti di alleanze, referendum boomerang, oltre il gradimento incerto di Mattarella, che un domani sarà pure notaio ma oggi conta eccome.