“Il pericolo non è il fascismo, ma lo sfascismo. Su rigassificatori, spesa pensionistica, nazionalizzazioni Meloni e Fratoianni la pensano allo stesso modo. Il prossimo governo si troverà ad affrontare una crisi durissima. Ci vuole serietà e responsabilità”. A parlare, senza giri di parole, è Carlo Calenda in un post sul suo profilo Facebook.
Il leader del Terzo polo è convinto che la Meloni “porterà al default” e, a Il Foglio, spiega i motivi. “In quanto ad agenda economica, Fratoianni e Meloni sono in perfetta sintonia: professano lo stesso statalismo improvvisato”.
“Il programma economico della destra sovranista – afferma – è la ricetta perfetta per il default. E poi le continue, surreali dichiarazioni di voler modificare il Pnrr negoziato con Bruxelles da Draghi. Magari realizzerebbe un decimo di quello che promette, ma con il solo uso scriteriato della propaganda Meloni sta producendo una fuga degli investitori internazionali dal nostro mercato del debito. In questo, la sua ascesa è analoga a quella di Salvini”. La previsione di Calenda è severa: “durerà sei mesi al governo”. Perché la sua agenda è “semplicemente irrealizzabile: duecento miliardi di nuove spese, è il programma della destra. Una sintesi di anarcosfascismo che acuirà le tensioni sociali. Anche perché il primo atto che la destra dovrebbe fare sarebbe una delle leggi di Bilancio più severe degli ultimi anni. Altro che flat tax e quota 41. E poi la crisi energetica: Meloni, sull’opposizione all’indispensabile rigassificatore di Piombino, è alleata proprio di Fratoianni e Bonelli. Ed è convinta di nazionalizzare tutto. Pur di compiacere i sindacati organizzati della ex Alitalia, considera tutto sommato un effetto collaterale marginale il dover accollare ancora una volta i conti di Ita sui contribuenti. Questo suo protezionismo pecoreccio tradisce in realtà una grossa sfiducia verso la nazione di cui si professa patriota: l’idea, cioè, che solo rinunciando alla competizione con gli altri, alle sfide che l’Europa
ci pone, possiamo restare in piedi”. Calenda ammette che l’obiettivo del Terzo polo è proprio non far arrivare al governo Meloni. Ed è proprio per questo che dice: “Francamente, io credo che il segretario del Pd sia l’autore della più disastrosa strategia delle alleanze nella non gloriosa storia delle alleanze del centrosinistra”.
Con Matteo Renzi, invece, le cose vanno avanti “benissimo”. “Tra qualche giorno – dice – faremo un’iniziativa insieme a Milano. Alla fine hanno vinto le ragioni della politica, com’era giusto che fosse”. Calenda aggiunge che di aver paura di confrontarsi con nessuno al contrario di Letta e Meloni, che non sembrano ansiosi di condividere il palco con altri leader. “E’ la campagna di Sandra e Raimondo, questa. Sono convinti di legittimarsi a vicenda: l’una condividendo il video di uno stupro, con un gesto abietto, e l’altro rispondendole viva le devianze’. Roba da quarta elementare. Non è una cosa da paese civile che non si faccia un confronto televisivo coi leader di tutti gli schieramenti in campo. E anche loro due, Letta e Meloni, ci farebbero la figura di chi ha paura”. Calenda invece se la vedrà con Emma Bonino, nel collegio di Roma. “E una faccenda che mi lascia un po’ di amarezza”. Ma è convinto di farcela? “Sono convinto della bontà del lavoro svolto per Roma. Dopodiché, credo che Emma si sia lasciata strumentalizzare dal Pd, prestandosi a un’operazione non all’altezza della sua storia. Ed è triste pensare che una come la Bonino finisca a fare la foglia di fico di questo partito marcio che è il Pd romano. Il peggiore d’Italia”.