Ma vogliamo o no rimettere la scuola al centro degli investimenti?

Avete notato il silenzio assordante di Fratelli di Italia, Lega, Forza Italia, M5s e compagnia bella sulla scuola? Fatta eccezione per il Terzo Polo (Azione e Italia Viva), che mira a rimettere l’istruzione al centro degli investimenti, puntando in primis sulla formazione e lo sviluppo di specifiche competenze. Un programma chiaro quello di Calenda che arriva dopo un’attenta valutazione degli ultimi dati su licei e istituti tecnici. I promossi sfiorano ormai sempre il 100 per cento. Un fatto solo apparentemente ultrapositivo: dovete pensare che di questi ragazzi e di queste ragazze oltre il 20% abbandona l’università dopo il primo anno. Non solo: alla laurea pare non arrivi neppure la metà delle matricole. Salvini e Meloni, come pure Conte, continuano ad essere troppo impegnati a portare avanti le loro battaglie (dall’ossessione per i migranti al reddito di cittadinanza) per guardare ad una riforma dell’intero sistema italiano dell’istruzione pubblica, dalla scuola dell’infanzia all’Università, che fa acqua da ogni parte.

A scuola le cose vanno male purtroppo e la colpa non è di chi ci lavora con passione (nonostante gli stipendi da fame, la pandemia che ha acuito le disuguaglianze sociali e altre questioni), ma per le scelte sconsiderate assunte dai politici negli anni. Si continua a trattare la scuola come una povera Cenerentola: la stella polare non è l’importanza del sapere, come dovrebbe essere. Al primo posto non c’è più il merito nella nostra società (e basta strizzare l’occhio ai candidati scesi in campo in questa surreale campagna elettorale per capirlo o ai recenti avvenimenti di Palazzo Chigi con la defenestrazione di Draghi). E che dire poi delle condizioni in cui versa il mercato del lavoro? Parliamoci chiaro: le nuove generazioni non sono incentivate a studiare, a migliorarsi. E forse non c’è per una società disperazione più grande se non credere che il vivere rettamente non serva a nulla, che studiare non valga la pena. Occorre cambiare il modello di scuola perché si torni a fiorire, a guardare con entusiasmo al domani. Vogliamo continuare a rubare ai giovani la speranza e il gusto per il futuro? Lo ripetiamo, solo nel programma del Terzo Polo si parla di investimenti nella ricerca e nell’università come pilastro della rinascita.

Non può esistere un unico modo di insegnare, è chiaro: non può essere che in qualunque tipo di scuola, da quella professionale al liceo classico si facciano gli stessi programmi (che tra l’altro sono poco aggiornati). Per ridare dignità all’istruzione e dunque al lavoro poi sul «Corriere della Sera» Ernesto Galli della Loggia suggerisce di guardare al modello tedesco, ossia a due tipi diversi di sbocchi, cioè di studi superiori: “Un’università che prepara e abilita essenzialmente solo alla ricerca e all’insegnamento e quindi con un taglio disciplinare dal forte carattere teorico, e che quindi è l’unica a rilasciare un diploma di dottorato; ed un’università di scienze applicate che invece prepara in maniera specifica all’immediato esercizio professionale nel campo dell’ingegneria e architettura, della medicina di base, della tecnologia, del design, della formazione, delle scienze sociali e della comunicazione ecc., servendosi di docenti inseriti da tempo nelle relative professioni e stabilendo forti legami con le attività produttive e professionali connesse ai vari settori”. Non è che un’idea, uno spunto più o meno condivisibile. Capirete però che una rivoluzione dall’interno vada fatta. Converrete, così come stanno le cose non si può più andare avanti.