Mi si nota di più se voto la fiducia e me ne sto in disparte o se la fiducia non la voto per niente? L’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, continua a fare i capricci e, nell’attesa che decida quale strada imboccare, fa sapere che le parole de premier Mario Draghi non l’hanno convinto. “Non ha preso in considerazione tutti i nostri punti”.
La decisione verrà comunque presa questa mattina, durante il Consiglio nazionale del M5s, in cui tutto può cambiare, considerati i tormenti e le divisioni delle anime grilline: chi tira da una parte (“restiamo”, come il capogruppo Davide Crippa) chi si è ammorbidito e vuole prendere tempo per fatto personale (è il caso dei tre ministri) e chi come i senatori vuole strappare. Tipo Paola Taverna, ancora infuriata con Beppe Grillo per questa battuta di dieci giorni fa: “Ora che hai la laurea, puoi trovarti un lavoro”.
Il fondatore del M5s, intanto, è fuorigioco e sembra non avere il polso della situazione: il suo ruolo in questa fase appare secondario e, dunque, tutto ruota intorno a Conte e ai suoi struggimenti. Esco o non esco? Il punto è che non rompere è difficile, perché Marco Travaglio, la già citata Taverna, Alessandro Di Battista, il “raggiano” Gianluca Ferrara e compagnia cantante martellano come fabbri perché il M5s torni libero e bello. Ma è ancora più difficile rompere dopo che il presidente del Consiglio ha dato abbastanza ragione sull’urgenza di un intervento a favore del potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati: come si fa adesso a trovare una scusa credibile?
L’ipotesi che domani a Palazzo Madama il M5s voti la fiducia al dl Aiuti è considerata residuale dalle truppe pentastellate. Che però adesso scorgono il baratro del voto anticipato e dunque la fine di questa lunga vacanza dorata con otto mesi di anticipo (perderebbero circa 120 mila euro se dovesse finire la legislatura anzitempo).