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Lo stupro come arma di guerra: Rula Jebreal chiede giustizia per le donne ucraine

“L’otto febbraio, durante una conferenza stampa che rimarrà nella storia, Putin ha dichiarato guerra all’Ucraina paragonandola a una donna morta, sottoposta a uno stupro. Per farlo, ha usato alcuni versi agghiaccianti della canzone russa «La bella addormentata», un inno rap allo stupro e alla necrofilia”. Comincia così la lunga riflessione su «La Stampa» di Rula Jebreal incentrata sullo stupro come arma di guerra. Un argomento a detta della giornalista totalmente ignorato dalle televisioni italiane. «Che ti piaccia o no è il tuo dovere bellezza mia» è uno dei versi agghiaccianti del brano. Una frase che le donne ucraine hanno vissuto sulla loro pelle.

Nelle telefonate intercettate di alcuni soldati russi, tanti si vantano di aver abusato sessualmente di donne e bambini, nonostante il Cremlino continui a smentire: “La commissaria ucraina per i diritti umani ha raccolto testimonianze delle vittime e ha stilato un rapporto che denuncia stupri di bambini, violentati dai soldati russi davanti alle loro madri. Il rapporto dettagliato descrive lesioni genitali gravissime di una bambina di nove mesi violentata con una candela, e di un altro bambino di un anno violentato con un fucile da ben due soldati russi e deceduto in seguito alla brutalizzazione. E di una terza bambina di due anni, sempre stuprata da due soldati russi”, scrive Rula Jebreal. E le sue parole fanno male come punture di spilli. Sono testimonianze dolorose.

“Il rapporto conclude che quello che sta accadendo in Ucraina è a tutti gli effetti un genocidio. Gli stupri di massa sono un’arma di guerra che insieme ai bombardamenti a tappeto, ai massacri, alle fosse comuni, alle torture e alle deportazioni mirano a distruggere le identità di un popolo sovrano. Gli stupri sistematici di massa sono diventati il simbolo del genocidio sia in Bosnia ed Erzegovina sia in Rwanda”, spiega la giornalista, che sul finale attacca le ambiguità della televisione italiana. “Le giornaliste ucraine che hanno vinto il premio Pulitzer e che denunciano su tutte le televisioni mondiali i crimini di guerra russi hanno dichiarato in un’intervista al giornale statunitense più influente «Politico» che con tristezza rinunciano e condannano il giornalismo televisivo in Italia. Queste donne coraggiose, che rischiano la vita ogni giorno raccontando gli orrori di questa guerra, si sono trovate costrette a rinunciare ad apparire nei programmi televisivi italiani a causa della ormai dilagata propaganda russa e al numero allarmante di talk show che prediligono gli share e la spettacolarizzazione della guerra alla verità e che concedono colpevolmente spazio a opinioni o teorie palesemente illogiche, contraddittorie o persino ipocrite”, conclude la giornalista. Una denuncia grave che dovrebbe farci riflettere tutti. E vergognare. Jebreal chiede giustizia.