Le sanzioni alla Russia funzionano, sostenere il contrario è un falso. Secondo le stime della Banca Mondiale, il Pil russo dovrebbe diminuire di oltre l’11%: il calo più consistente dal crollo dell’Urss. Nel 2022, inoltre, le importazioni della Russia sono calate del 35,2% e le esportazioni del 30,9% rispetto all’anno precedente. L’inflazione raggiungerà il 23% e la Borsa si Mosca è in costante calo. Secondo uno studio dell’Università di Yale, diffuso sui social dall’Ambasciata Usa in Italia, ci sono infine gravi ripercussioni per l’economia russa dopo le restrizioni imposte da Occidente.
Dati che non si possono ignorare. Ecco perché sostenere che le sanzioni non funzionino, come fa Matteo Salvini che ne chiede la revoca, significa aderire alla propaganda di Putin. E significa anche avere nostalgia di quel sovranismo populista che nel 2018 portò al governo gialloverde, fortemente filorusso, che però è un’esperienza che non potrà ripetersi. Il continuo ricorrere alla retorica di quel governo, alla letteratura utilizzata in chiave anti atlantica, oggi non solo contribuisce a far considerare Salvini un problema all’interno del centrodestra, ma mina la stessa credibilità internazionale della coalizione guidata da Giorgia Meloni che i sondaggi danno in procinto di vincere le elezioni. La questione è di vitale importanza: nei prossimi mesi, senza più l’autorevolezza di Mario Draghi, l’Italia dovrà chiarire bene e senza l’ombra del minimo dubbio, da che parte sta. Se con la Nato e l’alleanza atlantica, o se con Putin. La distanza tra Salvini e Meloni qui è abissale, e questo rappresenta un problema per il Belpaese.