Putin

L’Italia giochi d’anticipo: subito il tetto al prezzo del gas

Che il Cremlino non sia affidabile è chiaro a tutti; figurarsi Putin. E allora: cosa aspettiamo a mettere questo benedetto tetto al prezzo del gas?

Fabrizio Pagani, attraverso una precisa analisi e dall’alto del suo curriculum (Global Head of Economics Muzinich & Co. (fondo di investimento americano specializzato in credito corporate); docente Sciespo, Parigi, e Luiss, Roma; fondatore e presidente dell’associazione M&M – idee per un paese migliore; capo della segreteria tecnica del Ministro dell’Economia e delle Finanze (2014-2018) e membro del Consiglio di amministrazione di Eni (2014-2020)), spiega perché non c’è tempo da perdere.

“Dopo la settimana di passione delle banche – scrive sull’HuffPost – i mercati sembrano aver ritrovato una qualche stabilità. Negli ultimi giorni, lo spread btp / bund è in parte rientrato e anche le quotazioni equity hanno arrestato la caduta libera delle sessioni precedenti. Tuttavia una nuova crisi si è immediatamente profilata, secondo la teoria del video game, resa celebre anni fa da un nostro Ministro delle Finanze, per cui a un mostro ne segue subito un altro ancora piu’ grande.
A partire da giovedì scorso, la Russia avrebbe scientemente ridotto in maniera consistente, fino a circa il 50%, le forniture di gas all’Italia e ad altri Paesi europei. Secondo diversi commentatori, sarebbe la risposta di Putin alla visita dei leader di Italia, Francia e Germania a Kyev della settimana scorsa, che ha, fisicamente, mostrato la vicinanza e la solidarietà all’Ucraina dei tre principali Paesi europei. Lo stesso Presidente del Consiglio ha parlato di un uso “politico” del gas da parte russa. La serietà della nuova crisi non è da sottovalutare, ma allo stesso tempo se ne devono ben comprendere i contorni”.

In questo momento dell’anno il consumo di gas, tra l’altro, è piuttosto limitato. “La domanda di gas – spiega ancora Pagani – ha infatti un andamento stagionale, raggiungendo i massimi in inverno e i minimi tra giugno e settembre. Mentre il consumo industriale e quello per produzione elettrica di poco variano, la stagionalità è determinata dall’utilizzo per riscaldamento. Quest’anno però, la domanda di gas rimane sostenuta anche in questo periodo dell’anno. I Paesi europei e le loro industrie nazionali sono impegnati in un processo di riempimento degli stoccaggi in vista di un inverno che potrebbe essere “difficile”. In passato, potendo contare su un approvvigionamento stabile dalla Russia, la questione delle riserve di gas e’ stata trascurata e non è stata oggetto di un reale coordinamento europeo. La guerra in Ucraina ha tutto cambiato. L’Unione Europea, con RePower EU, ha imposto un target di riempimento di almeno il 80% entro il 1 novembre di quest’anno e obiettivi ancora più alti per gli anni successivi”.

Secondo l’AGSI (Aggregate Gas Storage Inventory), l’Italia al 17 giugno avrebbe avuto un tasso di riempimento delle riserve attorno al 55%, in linea con i tassi di Francia e Germania. In questo quadro, non vi sono problemi di approvvigionamento immediato. La dipendenza dal gas russo era già stata ridotta dal momento dello scoppio della guerra e, come ha confermato l’Amministratore delegato dell’ENI, Claudio Descalzi, al momento l’offerta è maggiore della domanda. I problemi riguardano dunque l’inverno a venire. Non si possono fare previsioni sulle forniture da Mosca, ma dopo gli ultimi giorni l’affidabilità di Mosca è venuta definitivamente meno. I prezzi peraltro riflettono questa volatilità nell’offerta e dopo qualche settimana più stabile sono tornati a salire.

Diverse azioni possono essere poste in essere dai governi. “Si stima, in maniera ancora assai preliminare, che si possa garantire una capacità di sostituzione del gas russo tra il 70 e l’80% già a partire dal prossimo inverno. La parte mancante potrebbe essere recuperata attraverso altre aree di approvvigionamento, un’ulteriore diversificazione delle fonti energetiche e misure di conservazione energetica. Anzitutto la ricerca di fonti alternative di gas: in questo il governo italiano e l’industria nazionale si sono impegnati fin da subito. Le forniture dall’Algeria già in essere e in progressivo aumento ne sono la migliore testimonianza. Se questa ipotesi fosse confermata, lo scenario del DEF 2022 con un impatto dell’embargo di 0,8 e l’1,1 punti percentuali di Pil reale nel 2022 e nel 2023 appare verosimile.

Riguardo ai prezzi, il governo italiano ha fatto da tempo una proposta a livello europeo. L’Unione europea potrebbe sfruttare la propria forza contrattuale di acquirente di più di 2/3 del gas russo per imporre un cap al prezzo. Vista l’impossibilità di trovare acquirenti alternativi per simili volumi nel breve periodo, la Russia sarebbe obbligata ad accettare una riduzione dei profitti. Il vantaggio di questa soluzione è l’effetto positivo che avrebbe sull’economia europea (stesse forniture energetiche a prezzi minori). Inoltre, un price-cap potrebbe “auto-implementarsi” anche sui contratti pre-esistenti: qualora gli acquirenti del “cartello UE” rifiutassero di sottoscrivere nuovi contratti al di sopra del price-cap, i futures su cui si basano le transazioni dei contratti esistenti si avvicinerebbero necessariamente al prezzo stabilito. Il rischio sarebbe di fornire alla Russia un ulteriore incentivo a tagliare le forniture, ma a questo dobbiamo prepararci comunque”.

Tanto vale, quindi, agire preventivamente.