L’inefficienza energetica vera nemica dell’Italia: le risorse ci sono ma populismi e ideologie non permettono di usarle

In italia risorse di gas per far fronte ai ricatti russi già esistono, ma i politici che governano il paese hanno sempre scelto di ignorarlo. Eppure basterebbero davvero solo buoni e intelligenti investimenti e una visione di futuro improntato all’indipendenza energetica per eliminare in un colpo solo la minaccia dei razionamenti, il caro bollette e la dipendenza da fornitori esteri che mirano a minare la tenuta della democrazia tricolore. Basterebbe mettere da parte l’ideologia e la sindrome di Nimby per estrarre dal sottosuolo marino, in acque territoriali italiane: 92 miliardi di metri cubi di gas accertati, risorse che giacciono sui nostri fondali e che si stima possano arrivare a 200 miliardi di metri cubi di metano che risolverebbero per sempre i nostri problemi di approvvigionamento energetico.

Per spiegare di quali quantità parliamo, come ricorda oggi Il Foglio, vale la pena chiarire che l’Italia consuma mediamente ogni anno 72 miliardi di metri cubi di gas, di cui poco meno della metà arrivava dalla Russia. Fino a un ventennio fa, come spiega sempre Il Foglio, l’Italia era in grado di produrre 17 miliardi di gas all’anno, oggi invece si attesta solo su 2,4 miliardi. Perché? Perché in Italia prevalgono le ideologie e i populismi che parlano alla pancia del Paese ma non ne favoriscono lo sviluppo e l’adeguamento alla modernità. L’Italia ha il suo gas, ma non lo estrae, non lo produce acquistandolo a caro prezzo e rimanendo sotto scacco di fornitori che sanno approfittare meglio delle proprie ricchezze energetiche.

Nel 2010 il ministro per l’Ambiente di Forza Italia (governo Berlusconi) Stefania Prestigiacomo amplia il divieto di perforazioni e ricerca di risorse energetiche in mare da 5 a 12 miglia dalla costa. Nel frattempo il premier stringe accordi con la Russia di Putin per fornire il gas all’Italia a peso d’oro. Il divieto è ancora oggi in vigore, il referendum di Renzi si è infranto sulle urla dei no triv e anche le proposte del ministro Cingolani per aumentare le trivellazioni sono rimaste arenate nelle sabbie mobili dell’ostruzionismo di matrice piddina e pentastellata. Secondo Assomineraria, associazione che fa capo a Confindustria, allentando i divieti da 12 a 9 miglia, a breve giro di posta ogni anno si potrebbero estrarre inizialmente almeno 12 miliardi di metri cubi di gas italiano, con investimenti sulle piattaforme di estrazione che porterebbero anche migliaia di posti di lavoro.

La produzione interna del gas sfruttando risorse disponibili e accertate – senza contare quelle solo stimate – renderebbe l’Italia un paese libero e energeticamente indipendente. Un impegno a sbloccare le estrazioni in mare è doveroso da parte di tutte le forza politiche in campo per la contesa elettorale. Perché – e in questo solo Carlo Calenda fa eccezione rispetto alla contrarietà o all’ambiguità degli altri partiti – va detto chiaramente: è ora di smetterla con la sindrome di Nimby, con i populismi, i terrorismi psicologici e gli steccati ideologici. Le infrastrutture per l’indipendenza energetica italiana vanno realizzate, sono necessarie per la sopravvivenza stessa dell’Italia. Spiegando le ragioni del sì ai cittadini, vincendo le resistenze ambientaliste con strutture sicure e moderne. La politica del non fare, altrimenti, lascerà sempre il nostro Paese in un limbo di incertezza, ostaggio dei Putin o dei paesi nordafricani di turno.