Non va bene. Sei mesi per decidersi a eliminare le forniture di petrolio greggio russo. Un anno per eliminare i prodotti raffinati. Sono troppi. Troppo tempo. Ogni giorno che passa regaliamo una marea di soldi a Putin per continuare la sua brutale guerra di aggressione contro l’Ucraina. Non va bene. Invece di accelerare e colpire il regime russo entro il 9 maggio, quando Putin festeggerà il sangue degli ucraini versato fino ad ora sulla Piazza Rossa, i 27 discutono. Gli ambasciatori dei Paesi membri della Ue si accapigliano sulle misure annunciate nel nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca.
Passi l’Ungheria, un piccolo Paese che ha deciso di non tagliare il cordone ombelicale con Mosca; ma ora anche la Bulgaria chiede di essere esentata dall’embargo, e un po’ tutti i Paesi europei prendono tempo, chiedono di esaminare e discutere i provvedimenti inseguendo ognuno il proprio interesse nazionale, in nome di un gradualismo legittimo, per carità, ma del tutto alieno rispetto all’epoca storica che stiamo vivendo che chiede invece decisioni forti e immediate per fermare Putin.
Le parole prudenti di von der Leyen sono il sintomo delle divisioni tra i Paesi membri: “Proponiamo un divieto al petrolio russo. Sarà un divieto totale di importazione su tutto il petrolio russo, marittimo e da oleodotto, greggio e raffinato. Che sia chiaro: non sarà facile, alcuni Stati dipendono fortemente dal petrolio russo ma ci dobbiamo lavorare sempre”. Così la Commissione promette di procedere “in modo ordinato, in modo da consentire di garantire rotte di approvvigionamento alternative e ridurre al minimo l’impatto sui mercati globali”. “Questo è il motivo per cui elimineremo gradualmente la fornitura russa di petrolio greggio entro sei mesi e di prodotti raffinati entro la fine dell’anno”.
E’ vero, se vogliamo aiutare la Ucraina le nostre economie debbono reggere l’economia di guerra. Ma davvero sei mesi in meno o in più faranno la differenza? In sei mesi, Kiev può cadere nonostante la resistenza impressionante degli ucraini. Le banche russe come Sberbank avremmo dovuto già buttarle fuori dal sistema Swift e invece ancora se ne discute; le principali emittenti russe continuano a fare propaganda; bisogna decidersi il prima possibile a colpire i responsabili dei crimini di guerra a Bucha, dell’assedio di Mariupol, il patriarca guerrafondaio della Chiesa ortodossa russa Kirill.
Se i Paesi europei continueranno a opporsi o a rallentare con infinite discussioni l’embargo sul petrolio russo allora, come ha detto il ministro degli esteri ucraino Kuleba, ci sono “buone ragioni” per dire che non solo l’Ungheria ma tutti i Paesi Ue, questo ci permettiamo di aggiungerlo noi, si renderanno “complici dei crimini commessi dalla Russia sul territorio ucraino”. Domani Josep Borrell, Roberta Metsola e oltre 100 leader europei si incontreranno a Firenze per discutere il futuro dell’Europa. “Un’Europa per le prossime generazioni?”, il titolo dell’evento sullo stato della Unione, organizzato dall’Istituto Universitario Europeo. Il punto interrogativo nel titolo è eloquente.
Se l’Europa non sceglie, subito, di modificare i trattati e di trasformarsi in una grande potenza federale, che vuol dire energia, difesa, lavoro, digitale, allora non esiste. Non conterà più nulla. E Putin e quelli come lui continueranno a fare il bello e il cattivo tempo. Altro che generazioni future.