Le sorelle d’Italia. Il familismo sfrenato di Giorgia Meloni

Il recente incarico assegnato a Arianna Meloni, la maggiore tra le sorelle di Giorgia Meloni, come responsabile della segreteria di Fratelli d’Italia, rappresenta un ulteriore tassello nella strategia di gestione familiare che sembra permeare il partito, sotto la guida della premier. Tutto ciò avviene solamente alcune settimane dopo che Arianna ha assunto l’incarico di supervisionare il processo di tesseramento all’interno del partito.

Arianna, affettuosamente chiamata “Ari”, condivide un legame profondo con Giorgia, legame reso evidente anche dalle pagine dell’autobiografia della presidente del consiglio, che getta luce sulla natura del loro rapporto. Questo legame ha portato Arianna a occupare un ruolo di rilievo all’interno del partito, posizionandola in un ruolo di prestigio più elevato rispetto a figure come il cognato e marito Lollobrigida, attualmente ministro dell’Agricoltura, così come i fedelissimi Donzelli, a capo dell’organizzazione, e Fazzolari, sottosegretario con l’importante compito di gestire la comunicazione tra governo, partito e gruppi parlamentari.

In un contesto politico caratterizzato da una leadership forte sia all’interno del partito che del governo, la decisione di adottare un approccio più articolato intorno al leader o alla leader stessa, mantenendo intatto il suo carisma, potrebbe essere spiegata dalla necessità di affrontare le crescenti responsabilità governative e di mantenere una propaganda incisiva, specialmente in vista delle imminenti elezioni europee dell’anno successivo.

È evidente che quando Arianna prenderà la parola e esprimerà opinioni che potrebbero non essere convenienti per Giorgia in determinati momenti, si avrà l’impressione che la premier si stia quasi sdoppiando. Una dinamica simile, seppur con maggiore cautela, si applicherà anche a Fazzolari, il quale si è già distinto rispetto al suo pari grado Mantovano per le sue accese critiche nei confronti della Banca d’Italia e del sistema giudiziario.

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Un altro aspetto da considerare è la figura di Donzelli, noto per essere uno specialista nelle dichiarazioni ambivalenti a nome della leader, sostenendo e al contempo criticando posizioni secondo le necessità del momento. Un esempio tangibile è emerso nel caso Vannacci, dove la sua correzione rispetto alla linea di Crosetto ha consentito di preservare formalmente la legittimità dell’azione del ministro, pur distanziandosi dall’autore di un controverso libro di contenuto omofobico, antisemita e razzista. Tale mossa sembra aver creato una sorta di scudo protettivo intorno all’autore, in attesa che le autorità militari prendano decisioni in merito.

La questione della separazione tra il ruolo di guida all’interno del partito e quella all’interno del governo ha origini che risalgono ai tempi della Prima Repubblica, quando i membri della Democrazia Cristiana facevano di questo principio un dogma, utilizzandolo anche come strumento per sfoltire agilmente i governi e i loro presidenti. Le conseguenze di tale approccio nella Terza Repubblica sono ancora da determinare e meriteranno un’attenzione particolare.