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Le sanzioni funzionano, ecco perché Mosca se la prende con l’Italia

A dispetto di una certa retorica pessimista, le sanzioni economiche che l’Occidente sta mettendo in campo nei confronti della Russia funzionano, eccome se funzionano! Certo, come ogni misura ritorsiva di natura economica, gli effetti non sono immediati e, nel caso di specie, l’invasione continua e le bombe cadono ancora, ma quello che è certo è che questi effetti ci sono e ogni giorno che passa ciò appare sempre più evidente.

L’economia russa è fiaccata, quasi vicino al default con le relative conseguenze sul piano della sostenibilità dell’invasione dell’Ucraina e della prosecuzione delle operazioni militari. Inoltre, gli effetti sul tenore di vita dei russi, alla lunga, potrebbe anche spingerli a insorgere nei confronti del tiranno. Ecco perché i vertici del Cremlino sono sempre più nervosi. Non riescono a vincere sul campo di battaglia e all’interno la situazione si fa esplosiva. Da qui le minacce all’Europa di rilevanti ritorsioni se proseguirà sulla linea rigorista. Non vi è dubbio che si tratta di un evidente segno di debolezza del gigante Russo dai piedi di argilla.

In particolare, le parole di Pomanarov, il quale minaccia esplicitamente l’Italia addirittura di conseguenze irreversibili, sono esplicita testimonianza di questa debolezza. Si tratta, né più né meno, di un vero e proprio fallo di reazione innanzi ad aspettative evidentemente andate deluse. I russi confidavano probabilmente in un indiretto appoggio di quelle forze politiche italiane, sovraniste e populiste, che negli anni sono stati veicolo consapevole dell’attuale putinismo e al centro di opache trattative sui presunti finanziamenti russi.

Il dato di fatto, tuttavia, è che al contrario di quanto sperava Putin, la politica di Mario Draghi ha messo all’angolo quelle forze e sta andando in direzione pienamente filo atlantista tanto che l’Italia si rivela molto più rigida di altri Paesi nel proseguire la via delle sanzioni già attualmente in vigore e anzi, ne propone l’inasprimento. Tale presa di posizione del Governo italiano deve aver generato sconcerto nei vertici russi che quindi hanno giocato la carta del ricatto energetico.

Draghi – a dispetto delle voci critiche che gli contestavano una certa distanza dai tavoli che contano nella mediazione russo-ucraina – ha saputo giocare un ruolo da protagonista sui temi a lui più congeniali: economia e leadership Europea, orientando in una precisa direzione l’azione di Bruxelles. L’individuazione del tetto ai prezzi del gas, molto inferiore rispetto alle quotazioni attuali, proposta dal Governo italiano alle altre capitali europee e che verrà a breve discussa nelle istituzioni UE, determinerà, se approvata, un’ulteriore perdita di svariate decine di miliardi di euro (solo per quest’anno) che peserà come un macigno nelle casse russe già fortemente compromesse.

A ciò aggiungasi le iniziative del ministro Di Maio volte a smarcarsi dall’attuale dipendenza energetica andando a cercare altri interlocutori e altri fornitori, nonché il particolare rigore nelle attività di sequestro a danno dei cosiddetti oligarchi russi. Tutto questo ha contribuito a fare dell’Italia uno dei nemici più pericolosi per il tiranno moscovita e dei suoi sodali che, in perfetto stile criminale, reagiscono minacciando direttamente il nostro Paese e io nostro Ministro della difesa, Guerini, reo di essere un “falco” .

Ma dietro le parole di Pomanatov e di Lavrov non c’ è solo questo. Sfruttando quelle sperate contiguità politiche che in Italia si sono manifestate in modo clamoroso negli anni, ma che hanno attecchito anche in altre forze populiste e sovraniste in Europa, Putin, minacciando l’Italia, si propone un altro obiettivo: quello di dividere il fronte europeo, (che, invece, mai come oggi appare unito) giocando sul ricatto energetico. Si tratta di un tentativo che deve essere respinto a tutti i livelli, politico istituzionale ma anche culturale, vigilando sull’appeal che può avere sull’opinione pubblica italiana poco incline a sopportare sacrifici.

Ecco perché bisogna stare particolarmente in guardia rispetto a un certo pacifismo equidistante che sfocia in una ipocrita posizione terzista (per paura o per comodo). Tale posizione purtroppo è ampiamente penetrata nell’opinione pubblica coinvolgendo anche intellettuali importanti che esplicitamente o implicitamente fanno da sponda a forme di legittimazione e giustificazione dell’invasione russa. E’ bene avere presente che in questo momento l’equidistanza, oltre a essere infondata, potrebbe costituire prezioso alleato per Putin, a maggior ragione se dovesse ricevere copertura politica. Ecco perché è importante che Lega e 5stelle mantengono salda la fedeltà al Governo e alla sua linea rigorista. Non è tempo di divisione né di sindacalismo politico.

Al contrario è il momento che il governo dimostri di essere veramente di unità nazionale e che i partiti che lo sostengono escano da ogni pregressa ambiguità. Senza se e senza ma, il fronte deve essere unito e compatto. Questa è la grande sfida per l’Italia e per l’Europa di fronte a una guerra che potrebbe essere più lunga di quanto previsto.