Giorgia Meloni ha paura. E ha ragione ad averne. Si trova condottiera “in pectore” di una armata Brancaleone che contraddice coi fatti ciò che va narrando a colpi di slogan giorno dopo giorno. Di questo è ben consapevole la leader di Fratelli di Italia che non a caso parla di paura, paura che la restante parte della coalizione di centrodestra preferisca sponsorizzare un governo “arcobaleno” (che vorrà mai dire, non si sa!) piuttosto che assicurare al paese un governo di coalizione guidato da lei, ovviamente.
Nell’ultima intervista rilasciata al Corriere della Sera il terrore della leader di Fratelli d’Italia traspare a ogni riga. Dice di essere pronta a governare ma al contempo confessa di temere che gli alleati vogliano un governo di larghe intes e di non aver alcun contatto con Matteo Salvini – altro big dell’armata Brancaleone – dal giorno della rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica. Circostanza nella quale, la leader di Fratelli di Italia gridò al “tradimento” della Lega.
A guardare i fatti, a dispetto di ogni dato di realtà, la narrazione di Donna Giorgia cerca di tenere insieme quello che, nei fatti, è fatalmente e intrinsecamente diviso: la destra moderata non può correre insieme alla destra estremista. Forza Italia e una Lega a trazione giorgettiana (già! che aspetta Giorgetti a scalzare il Kapitano?) debbono rompere quel cordone ombelicale che li lega a Fratelli di Italia in un innaturale esperimento politico buono a urlare la qualsiasi ai quattro venti ma del tutto inidoneo a governare. Insomma, fa bene Meloni ad avere paura. Ne ha ben donde! La favola autoreferenziale che si alimenta di marketing motivazionale non regge alla prova dei fatti. E ora che il gioco si fa duro – pandemia e guerra – i nodi vengono al pettine. Un caso su tutti. La Sicilia e l’opzione di un Musumeci bis. Mentre Fratelli d’Italia insiste su una ricandidatura dell’attuale governatore, Forza Italia e Lega si smarcano clamorosamente, comunicando la loro disponibilità a sostenere un diverso candidato.
Non consegnare il paese per l’ennesima volta al centrosinistra – ancora più inadeguato del centrodestra – sembra impossibile eppure i nostri “eroi” potrebbero riuscirci. E, a marcare ancor più le distinzioni, i distinguo e le divisioni nell’attuale centrodestra, ci pensano le imbarazzanti relazioni internazionali in un momento storico in cui la politica estera è al centro dell’attenzione mondiale. Mentre Salvini cristallizza le sue simpatie per Viktor Orban con un (ennesimo) meeting post-papale (come fanno a stare nella stessa stanza con Papa Bergoglio è mistero insondabile) la Meloni, pur dichiaratamente “innamorata” dell’alleato ungherese, stavolta ha declinato l’ incontro per non dare spazio a fraintendimenti. Il partito conservatore europeo, di cui non si sa come è leader, ha posizioni assai distanti rispetto al filo-putiniano capo di governo ungherese e il contatto diretto con la Fratelli d’Italia potrebbe generare a questi ultimi più di un imbarazzo nei consessi internazionali. E si sa bene che senza il placet di questi il sogno di governare è quantomeno velleitario. Il rischio di chi, arrivato a tanto così dall’ambito traguardo, vede sfumare la vittoria al fotosinish è reale e concreto, con buona pace dei sondaggi.
Il centrodestra è un mito senza sostanza. Non esiste! Forse ha iniziato a non esistere dal momento in cui, in un harakiri politico degno di Akira Kurosawa, è stato concesso a Matteo Salvini di copulare (politicamente s’intende!) con il Movimento 5 Stelle, nel governo peggiore della storia repubblicana. E, se errare è umano ma perseverare è diabolico, l’illusione si è protratta anche con il Governo Draghi quando la Meloni, nel futile tentativo di capitalizzare consenso a scapito degli alleati, è rimasta all’opposizione mentre Lega e Forza Italia siedono placidamente nei banchi della maggioranza. In questa partita di giro non si sa chi vince o chi perde, ma di sicuro la coalizione ne esce a pezzi.
Oggi, con una dose non trascurbaile di humor, Giorgia Meloni si dice pronta a governare (con chi? Boh!), ma non lo è, nonostante i sondaggi che non sono voti. Come non lo è la Le Pen in Francia, rispetto alla quale – non è un caso – Donna Giorgia non riesce prendere posizione netta. Non si è ancora capito, infatti, dove, fra la leader sovranista ed Emmanuel Macron, Fratelli di Italia si schiererebbe. D’altra parte l’imbarazzo è comprensibile. Rinunciare ai voti estremisti per accreditarsi al centro? O rinunciare ai voti moderati per continuare a inseguire la pancia del popolo? Il dilemma è effettivamente amletico. Il meno che può capitare è, appunto, di avere paura, dopo tanto sforzo, di trovarsi con un pugno di mosche.