di Nicola Iuvinale
La pandemia da coronavirus è stata ed è ancora uno stress test per tutti i Paesi del mondo.
Per risolvere il problema ogni Stato ha reagito in modo diverso.
Ci sono quelli che hanno agito con praticità, concretezza e celerità di azione, con “pragmatismo” altri, invece, come il blocco UE con una visione più teorica, astratta, conformista, cosiddetta “giuridica” perché legata più al rispetto della correttezza della spesa, delle stringenti normative che al risultato.
Assistiamo oggi, però, ai primi concreti risultati delle due politiche.
Da un lato i paesi “pragmatici” sono indubbiamente più avanti nella lotta al coronavirus.
Ad esempio, in Israele la campagna vaccinale è ormai un modello di efficienza invidiato da tutto il mondo.
Le ragioni del successo sono frutto di un progetto interdisciplinare che ha a base un piano elaborato da politici, economisti, sanitari, giuristi e manager.
Il tutto, condito dalla loro proverbiale capacità decisionale e organizzativa.
Spendere di più per fare presto e ridurre anche i danni economici da un prolungato lockdown.
E’ la politica del pragmatismo che tende a privilegiare i risultati concreti, le applicazioni pratiche, più che i principi o i valori ideali.
Infatti, hanno prima di tutto calcolato quanto costava economicamente al paese ogni giorno di lockdown e di conseguenza hanno deciso di investire tanto per ridurre i tempi e quindi i danni anche all’economia reale.
Il Governo israeliano, infatti, aveva fissato l’obiettivo di vaccinare la metà della popolazione entro la fine di marzo.
E ci stanno riuscendo.
In primis, hanno iniziato la vaccinazione prima di molti altri Paesi, compresi gli Stati Uniti e quelli Europei.
Poi sono stati in grado di mettere in piedi una macchina organizzativa molto efficiente, realizzando addirittura dei centri drive-in di vaccinazione.
Inoltre, sono riusciti ad accaparrarsi, prima di altri, un gran numero di dosi dalle società farmaceutiche Pzifer-BionTech e Moderna.
Analizzando i prezzi dei vaccini riportati dai media americani a dicembre, emerge che Israele ha pagato molto di più per il vaccino Pfizer rispetto agli Stati Uniti e all’Unione Europea.
Inoltre, hanno già deciso di introdurre i passaporti verdi rilasciati ai vaccinati (cosa che in UE è in fase del tutto embrionale).
Questo documento, inizialmente, garantirà ai titolari l’accesso a grandi raduni, luoghi culturali, ristoranti, cinema, ecc..
Il sistema del passaporto verde avrà, poi, un’influenza significativa sulla strategia di uscita dal lockdown, con aumento dei benefici all’accrescere del numero dei vaccinati.
Riaprire il mondo economico e produttivo per consentire ai vaccinati di riprendere la vita normale e dare la possibilità agli israeliani con passaporto verde anche di essere esentati dalla quarantena quando andranno all’estero.
Nel dicembre scorso per capire le ragioni della positiva esperienza israeliana, il Cancelliere austriaco Kurz ha incontrato in videoconferenza il personale Israeliano ed ha deciso, negli ultimi giorni, di volersi dissociare dalla austera politica comunitaria e seguire la strada già percorsa dagli israeliani.
Anche gli Stati Uniti sono sulla buona strada.
Si sono mossi con grande anticipo creando uno specifico centro statale di ricerca che collabora con le Big pharma per lo sviluppo dei vaccini e dell’industria farmaceutica.
Gli USA hanno destinato parecchie risorse pubbliche al finanziamento delle aziende farmaceutiche per la ricerca e lo sviluppo di vaccini anticovid.
Anche loro hanno iniziato le vaccinazioni prima dell’UE e oggi, con la nuova politica di Biden, la lotta al coronavirus sarà ancorpiù accentuata.
Anche la Gran Bretagna è sulla stessa strada degli Stati Uniti.
Questa è la politica del pragmatismo voluta e messa in pratica da questi paesi per salvaguardare anche l’economia reale: investire tanto denaro pubblico per ridurre i tempi del lockdown e tentare di salvare più vite umane.
In una parola semplice la politica del fare: decidere velocemente e muoversi il prima possibile..
Ma dietro c’è anche un’organizzazione politica concreta, decisionista e con una necessaria visione geopolitica.
Chi uscirà prima dalla pandemia potrà economicamente anche emergere sui paesi ritardatari che avranno più danni.
L’UE invece appartiene ai paesi cosiddetti “giuridici” con una visione più astratta, conformista e legata più al controllo della spesa comune, al rispetto di stretti vincoli economici e burocratici, che ai buoni e celeri risultati.
E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
L’UE ha reagito con molto ritardo sin dall’inizio della pandemia (per atavici problemi decisionali) e anziché collaborare con le Big pharma, ha puntato principalmente alla forte riduzione del prezzo di acquisto dei vaccini, più preoccupata del rispetto dei limiti di spesa che al risultato.
Sono state ordinate una quantità di dosi che, oggettivamente, le case farmaceutiche non avrebbero mai potuto produrre in tempi ristrettissimi perché difettano anche gli impianti di produzione.
I contratti di acquisto, poi, sono secretati, inaccessibili e conservati in un ufficio al quale pochissimi hanno accesso.
Cioè, in totale assenza di trasparenza.
Una politica monoculare, che si è tradotta in un’azione poco concreta e che ha fatto accumulare anche un notevole ritardo alle forniture dei vaccini e ai conseguenti piani vaccinali degli Stati.
Il contrario della politica pragmatica che piace alla Buona Destra.
Visioni e azioni politiche diverse con risultati ovviamente differenti.
Ad esempio, anche, nell’azione del Premier Draghi, è possibile notare una politica più pragmatica e decisionista.
Nell’ottica dell’efficientamento dell’azione politica ha rapidamente, tra i primi provvedimenti, riaffidato alla protezione civile la gestione della organizzazione vaccinale affidandone la cura ad un Generale dell’esercito notoriamente conosciuto per le sue capacità tecnico-organizzative.
Ma nell’azione politica non c’è in gioco solo la salvaguardia delle economie dei singoli Stati ma anche la nuova geopolitica che sarà ridisegnata dal dopo pandemia.
Il modello verso il quale è andata conformandosi l’UE (tranne che per la politica monetaria dopo l’adozione dell’euro) è quello delle relazioni intergovernative; cioè l’affermazione del “confederalismo” con una azione politica molto lenta, incapace di reagire con celerità agli eventi, con una abnorme produzione amministrativa, perché è più un sistema che deve accontentare le cancellerie anziché avere una visione unitaria e pragmatica.
E’ necessario, di converso, come previsto nel manifesto della Buona Destra, un modello comunitario federalista mirante alla creazione di un quadro politico-istituzionale marcatamente sovranazionale e avente come obiettivo la nascita dei cosiddetti Stati Uniti d’Europa, per una azione politica unitaria, efficacie, più pragmatica e meno ridondante.
Che possa, nel futuro, riportare anche l’Unione Europea protagonista nel mondo.