La sinistra spagnola dice un no deciso all’utero in affitto, quella italiana cincischia nell’ambiguità. Ma ora sono le donne a chiedere ai partiti di schierarsi

Basta pance a noleggio: la sinistra spagnola di Pedro Sanchez e Pablo Iglesias vieta l’utero in affitto ponendosi a difesa delle donne, all’interno di un pacchetto di provvedimenti iperfemministi approvati di recente. La posizione spagnola sulla gestazione di un nascituro per conto di altri non solo mostra per l’ennesima volta come nel dibattito sui diritti la Spagna si ponga sempre come punto di riferimento per i paesi europei, ma crea anche disagio agli schieramenti di sinistra degli stessi paesi. Perché affermare, come fanno in Spagna, che tale pratica “mina i diritti delle donne, soprattutto le più vulnerabili, mercificando i loro corpi e le loro funzioni riproduttive” e che ci sarà un’azione “contro le agenzie che offrono questa pratica sapendo che è vietata nel nostro Paese”, significa porsi in maniera del tutto antitetica ad una sinistra europea che non è stata in grado di prendere una posizione chiara su un tema che la mette a disagio.

In Italia, per fare un esempio, testimonial di spicco dell’utero in affitto
è stato l’ex governatore della Regione Puglia, il leader di Sinistra e Libertà,
già fondatore di Arcigay e governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, che dal 2016 ha
adottato un bimbo nato da due diverse donne, una che ha fornito l’ovulo e l’altra
che ha portato avanti la gravidanza. Non solo. Nel 2018 la nomina nel Pd di
Maurizio Martina di Sergio Lo Giudice, anche lui padre con utero in affitto e
sostenitore della pratica, a capo del Dipartimento dei diritti civili sollevò
polemiche e creò spaccature non ancora sanate. L’estate scorsa due proposte di
legge targate Cgil, poi, proponevano la regolamentazione, e di fatto la
legalizzazione, della “gravidanza per altri”.

In questi giorni qualcosa sembra muoversi anche in Italia. In una lettera
inviata al leader del Pd, Nicola Zingaretti, e ai referenti di M5S, Leu, Italia
Viva, MdP, Sinitsra italiana e Possibile, 120 (per lo più donne, ma anche
uomini) esponenti della cultura e della società civile – laica e religiosa –
del nostro Paese hanno chiesto di seguire l’esempio spagnolo e di prendere
definitivamente posizione sull’utero in affitto. Si chiede soprattutto di
uscire dall’ambiguità e di chiarire la propria posizione su un tema etico: la
sinistra italiana è favorevole o contraria alle pance a noleggio? Considera
l’utero in affitto una pratica contraria alla dignità delle donne?

La lettera è stata
lanciata sotto forma di petizione sulla piattaforma change.org da Marina
Terragni, attivista di Rua (Resistenza all’utero in affitto), e in poche ore ha
raggiunto decine di adesioni, del tutto trasversali. Tra queste quella della
giudice Simonetta Matone, della regista Cristina Comencini, della scrittrice
Susanna Tamaro, e poi di Francesca Izzo, Emma Fattorini, Silvia Costa, Maria
Grazia Colombo, Elisa Manna. In
Italia la “gravidanza per altri” è illegale, come previsto dalla Legge 40 sulla
procreazione assistita, ma il ricorso a questa pratica all’estero è sempre più
in espansione, per un giro d’affari stimato in oltre 6 miliardi di dollari
l’anno. Ucraina e Bielorussia i paesi dove il business è più fiorente: una
madre surrogata costa all’incirca 20mila euro.

“Pronunciarsi sulle grandi questioni della modernità
è un dovere della politica e la gestazione per altri è una di queste, forse la
più importante – scriveva al riguardo alcun giorni fa Flavia Perina su
L’Inkiesta. Lo si deve fare in modo chiaro. Si è a
favore? Si abbia il coraggio di dirlo, di
contestare le norme vigenti, le sentenze della Corte Costituzionale oltreché
quella parte della sensibilità popolare che inorridisce all’idea. La si pensa
come Sanchez e Iglesias? Non si perda tempo a dare forma a un
pubblico no”.

L’errore più
grande che si possa fare su un tema di tale importanza è quello di non
esprimersi per mancanza di coraggio.