Siamo ormai al culto della personalità di staliniana memoria. Giuseppe Conte che di per sé è – come cantava Enrico Ruggeri, ma non riferendosi all’ex premier ovviamente – “poco più di niente”, viene fatto oggetto di una idolatria agiografica da parte dei suoi pasdaran dentro e fuori al Movimento Cinque Stelle che farebbe quasi sorridere se non ci fosse da piangere.
Dopo che le bimbe di Conte sono diventante le vedovelle di Conte, vista la caduta in disgrazia del loro idolo, il peana tuttavia resiste ed anzi si rafforza. Il massimo della critica espressa verso l’avvocato del popolo è che egli sia “troppo onesto per far politica”. Che a ben vedere esprime tutta la teoretica grillina, dalla nascita ad oggi, e che essendo veramente il “nulla” bene è rappresentata dal suo leader.
Ma i grillini non lo sanno e vanno avanti! Addirittura fino a scomodare nientemeno che Enrico Berlinguer, già segretario del Partito Comunista Italiano di cui – per la senatrice (!!!) L’Abbate – Giuseppe Conte sarebbe addirittura la reincarnazione! La L’Abbate, pur essendo parlamentare non ha fama di capirci granché di politica (il massimo che ha prodotto è stata la famosa proposta del cacca-bus!!!) o di essere ferrea nelle proprie convinzioni (ha veleggiato audace dalla Poli Bortone fino a Di Maio, per poi approdare a Conte). La nostra rispecchia bene il grillino medio, senza un pensiero proprio e con idee quantomeno stravaganti, che tende a oscillare da una parte all’altra come la famigerata banderuola. Viste le premesse, il paragone tra Conte e Berlinguer dalla sua nobile ugola potrebbe essere considerato un delirio tra i tanti che di tanto in tanto colorano in modo pittoresco quel partito. Ma invece no! Perchè L’Abbate dà voce a un sentimento diffuso nell’elettorato di sinistra e che già aveva trovato sponde politiche ben più importanti quando qualcuno indicò in Conte la guida e il punto di riferimento dei progressisti (stanno messi bene eh!). Quindi la questione è meno burlesca di quanto potrebbe apparire a prima vista.
Forse gli amici progressisti – quelli veri – dovrebbero spiegare alla senatrice che Enrico Berlinguer non avrebbe mai fatto un governo con l’estremismo di Salvini, non avrebbe firmato i Decreti Sicurezza, non avrebbe accettato la totale subordinazione alla Russia, dalla quale – quando ancora si chiamava URSS ed era la plenipotenziaria mondiale per il comunismo – Enrico tentò di muovere i primi timi passi in termini di emancipazione, rischiando persino la vita per mano sovietica. Forse qualcuno dovrebbe spiegare alla L’Abbate che Berlinguer era uomo di coerenza quasi eccessiva e non avrebbe poi fatto un governo con quelli che avversava poco giorni prima, passando dal gialloverde al giallorosso in modo facile come un cambio di pochette. No, francamente, siamo su due mondi paralleli e distanti anni luce. Senza voler incensare il segretario del PCI, verosimilmente è probabile che si stia rivoltando nella tomba.
Ma la L’Abbate, non paga della castroneria proferita, va oltre e spiega anche il perché della scoperta karmica del Berlinguer redivivo sotto le sembianze corporee dell’avvocato del popolo. Il grande merito che rende quest’ultimo incarnazione del primo secondo la logica della senatrice a cinque stelle, è la feroce guerra che Conte sta combattendo contro il Governo che sostiene e la maggioranza di cui fa parte. In questo crescendo antigovernativo, il merito di Conte – secondo questa frangia non proprio minoritaria di parlamentari e sostenitori – sarebbe quello di ricattare continuamente Draghi con la minaccia della crisi di governo. Ma gliel’ha mai spiegato qualcuno a questi che significa stare al Governo o in maggioranza? O che cosa significa far politica?
Insomma, siamo proprio agli antipodi di Berlinguer. Valga solo ricordare l’unità nazionale di fronte al sequestro Moro che, sebbene non tradotta in opzioni politico-parlamentari, lo era sicuramente dal punto di vista culturale. Mentre Berlinguer a quel tempo condannava le Brigate Rosse senza se e senza ma, oggi qualche grillino difende a spada tratta Putin e il suo terrorismo di stato (tanto per misurare l’rodine di grandezza dei personaggi in campo). Se Berlinguer si sentiva più al sicuro sotto l’ombrello della NATO (che pur criticava aspramente ), Conte fa inchini genuflessi a Putin. Se Berlinguer si batteva per i lavoratori e i diritti di questi in anni non proprio facili, Conte si batte per la difesa delle misure assistenziali ed elettoralistiche in forza delle quali si corrisponde denaro pubblico per stare sul divano. La differenza è abissale e può essere così sinteticamente riassunta: Berlinguer era un politico con la P maiuscola, Giuseppe Conte un populista qualunque. Proprio l’Alfa e l’Omega, tanto per capirci.
Perciò, cara L’Abbate e con lei tutti quelli che ne condividono gli improbabili paragoni, delirate pure in libertà ma lasciate perdere Enrico Berlinguer e la sua prestigiosa storia.