L’esempio quotidiano del decadimento della classe politica italiana oggi lo fornisce la deputata grillina Enrica Segneri, tra le più convinte oppositrici al collegamento con la Camera del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La motivazione? “Il Parlamento italiano non deve sovraesporsi” spiega, quasi con candore puerile, la deputata pentastellata. E non ha timore dell’epulsione dal Movimento in caso di voto contrario alla linea, dura e pura com’è e fermamente convinta delle sue granitiche posizioni.
Segneri non risparmia argomentazioni da manuale, del tipo: “Non so davvero Zelensky, nella situazione in cui si trova, cosa se ne farebbe della nostra solidarietà. Non ce n’è bisogno”. E si difende con affermazioni come la seguente: “Non sono una complottista né una psicopatica – dice a La Stampa -, pero dico anche che in guerra da che mondo e mondo la propaganda c’è sia da un lato che dall’altro”. Peccato che la Segneri dimentichi come “un lato” abbia invaso militarmente “l’altro”. E addirittura si inerpica in un terreno a lei alieno, pretendendo di spiegare come i giornalisti inviati di guerra, quando non cadono ammazzati dalle truppe russe, dovrebbero fare il loro mestiere. “E’ difficile per i giornalisti che sono lì riuscire ad essere obiettivi e a reperire le fonti – sostiene addirittura la deputata M5S riscopertasi incredibilmente l’Oriana Fallaci de noantri -. Infatti io ho sempre evitato di parlare del caso dell’ospedale o del battaglione di Azov perché non sono lì al fronte e non ho gli strumenti per farlo”.
“Voterò contro il decreto Ucraina – annuncia, non sorprendendo nessuno, dimostrando un acume e una padronanza delle relazioni internazionali invidiabili -, l’invio di armi non risolverà le cose. Meglio la linea diplomatica. La situazione si sta inasprendo sul fronte ovest, quello polacco, proprio perché da lì arrivano le armi che inviamo. Mi sembra anche evidente che l’invio delle armi per aiutare civili e bambini a non essere uccisi non stia funzionando. Non è risolutivo”.