di Kishore Bombaci
Solo poco più di un decennio fa il Papa emerito J. Ratzinger si scagliava contro quel che lui percepiva come un subdolo nemico della cristianità: il male infido del relativismo. Tale modo di pensare era alla base,a suo dire, della tendenza di ciascuno a rifuggire da ogni valore assoluto e a esaltare il proprio ego a giudice Supremo dei propri valori e delle proprie azioni. Se ciò, da un punto di vista prettamente religioso ha un senso (ed era in linea con il personaggio e la formazione culturale di J.Ratzinger), da un punto di vista politico credo, al contrario, si debba ergersi a difesa del relativo contro l’ingombrante bulimia dell’Assoluto.
Di fronte alle ostentazioni religiose della attuale Destra sovranista, non si può che ribadire con forza il valore della cultura del dubbio come motore di una società laica e libera. Una società che rispetta la diversità confessionale ma non si fa condizionare dai valori ivi rappresentati. Occorre cioè riaffermare con forza il principio generale “Libera Chiesa in libero Stato”, principio peraltro predicato ante litteram proprio da Gesù.
Oggi invece risuonano le parole della Meloni circa la propria identità (madre e cristiana) o scorrono le immagini di Salvini con i rosari e gli appelli alla Beata Vergine letteralmente stalkerizzata dal leader leghista. Ma proprio perché questo non è un dibattito filosofico ma ha delle ricadute pratiche assai notevoli, non è un caso che alcuni esponenti di Lega o FDI, se ne escono ormai sempre più spesso con proposte che vorrebbero riportare indietro le lancette della storia. La battaglia contro la c.d. pillola abortiva, ad esempio, denota proprio questa strumentalizzazione in chiave elettorale dei cosiddetti valori assoluti che più sono tali (cioè assoluti) più diventano pericolosi per i diritti dei singoli individui.
In questa “appropriazione indebita” della religione, si assiste a un paradosso tutto nazional-sovranista. Non si tratta più, come in passato, della Chiesa che entrava a gamba tesa nel pubblico dibattito su temi sensibili ( cosa di per sé legittima), ma di una parte politica che, appunto, si appropria di valori e simboli religiosi con cui ammantare e legittimare un disegno politico di matrice reazionaria in cui la norma religiosa deve tradursi in norma giuridica a per lo stato e la cittadinanza. Il tutto con buona pace dei diritti di tutti e di ciascuno.
Ecco, di fronte a tale disegno, ancor di più si avverte la necessità di una Destra laica e liberale che faccia proprio il pensiero di quel gran filosofo che era Giulio Giorello. Convintamente laico, ma rispettoso di ogni credo, Giorello sosteneva il grande valore del pensiero relativo perchè fallibile e soggetto a costante revisione, contrario a ogni assolutismo concettuale e dottrinale. Nell’esaltare il metodo scientifico che procede per errori e conferme, egli ravvisava come l’assenza di certezze precostituite sia il vero motore della libertà e dell’avanzamento sociale nei diritti e nelle responsabilità di ciascuno. Responsabilità che per loro natura debbono essere personali, con la inevitabile sofferenza che ciò comporta.
Infatti, ad esempio, Giorello segnalava come su temi quali la concezione dell’inizio della vita, la diagnosi pre impianto o il fine vita, non si poteva appaltare la scelta allo Stato di far divieto o imporre regole in tal senso. L’onore e l’onere spetta alla coscienza individuale che deve essere messa in grado – questo sì che è il compito di uno Stato laico – di decidere in libertà. Quale è dunque il compito dello Stato? Come prima si accennava, deve essere quella di offire la possibiltà di scelte consapevoli tramite un lavoro di promozione culturale “neutra” (indifferente, direbbe Thomas Jefferson), ma al contempo dotare gli individui degli strumenti per poter dare esecuzione concretamente queste scelte consapevoli.
In Italia, su questo punto, siamo ancora indietro. Merita ricordare che, ad es., ancora stiamo aspettando una legge seria di riforma sul fine vita, nonostante il monito della Corte Costituzionale che aveva già invitato il Parlamento a riformare la legge preesistente per garantire piena tutela a situazioni costituzoinalmente meritevoli di protezione.
Quindi, il paradosso è che su scelte individuali lo Stato rinuncia a compiere il proprio dovere, ossia quello di fornire una normativa completa di tutela della libertà, vanificando le pur importanti novità in materia. Lo fa in nome di valori assoluti? Non vi sono elementi per poterlo dire. Certo è che le resistenze politiche sono un dato di fatto e provengono proprio da quell’humus culturale che gravita attorno a una interpretazione letteralistica della norma religiosa. In questo senso, quindi, l’inerzia dello Stato è complice senz’altro della difesa di presunti valori assoluti. Saremo coraggiosi come lo è stata la Spagna? C’è solo da sperarlo.
Quel che è certo è che dovremmo entrare in una prospettiva nuova circa la laicità delle istituzioni e cioè quella per la quale un allargamento dei diritti e dei doveri che non comporta pregiudizi per gli altri è doveroso, mentre al contrario, non è accettabile l’imposizione di una entità collettiva astratta moralmente (auto)qualificatasi che si arrocchi su prese di posizione aprioristiche che Giorello chiama “superstitio”. Negare delle possibilità che la scienza e la tecnica consentono, in nome di qualcosa di assoluto ma che assoluto non è, rischia di comportare discriminazioni intollerabili per una società democratica. Una seria lotta alla diseguaglianza nasce dal riconoscimento della libertà responsabile di ciascuno, sopratutto su temi etici avente natura e impatto sulle vite personali dei consociati.
Ecco, penso che una buona Destra realmente laica e liberale, debba far propria la visione “giorelliana” di laicità, sforzandosi di essere parte attiva nella promozione di diritti e opportunità di libertà per tutti e per ciascuno.