Il governo egiziano ha annunciato di recente un divieto di indossare il niqab nelle scuole del paese. Questa decisione, emanata dal Ministero dell’Istruzione e applicabile sia alle scuole statali che a quelle indipendenti, ha suscitato reazioni contrastanti tra la popolazione egiziana.
La nuova legge comprende il niqab, indumento nero avvolgente che copre tutto il viso tranne gli occhi, e indossato da una piccola minoranza di donne egiziane, ma lascia facoltativo l’hijab, velo che copre solo i capelli e che viene indossato da un numero molto più ampio di donne. Secondo il decreto, la scelta di indossare o meno il velo deve essere effettuata “secondo il desiderio dell’alunna, senza pressioni o coercizioni da parte di alcuno tranne il suo tutore legale, che deve essere informato della scelta. Parole che sanno di libertà e laicità.
Tuttavia le critiche alla decisione governativa non si sono fatte attendere, con molti cittadini che accusano il governo di intromettersi nelle questioni private. Alcuni lo definiscono addirittura “tirannico” e una violazione della vita privata.
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Il niqab tuttavia è da molto al centro dei dibattuti sulla libertà personale. Quanto delle ragazze ancora minorenni prendono autonomamente la decisione di indossare un indumento così invasivo? Ma ciò comunque vale per qualunque cultura religiosa che comprenda l’utilizzo di particolari abiti. Dive porre il limite? Per ora il governo egiziano ne ha stabilito uno.
Comunque questo divieto non è il primo del genere in Egitto. Nel 2015, l’Università del Cairo vietò ai suoi insegnanti di indossare il niqab, una decisione che fu confermata da un tribunale amministrativo nel 2020.
Queste politiche hanno riacceso dibattito sulla privacy, la libertà personale e le priorità dell’istruzione nel paese. Mentre le opinioni sono divise, rimane evidente che quest’ultima misura ha sollevato questioni importanti riguardo alla coesione sociale e all’educazione in Egitto.