La lezione sarda per Giorgia Meloni. Senza moderatismo non si vince

Il risultato elettorale delle elezioni regionali in Sardegna ha sorpreso. La vittoria della candidata grillina Todde è stata inaspettata, ma se analizziamo il contesto politico più ampio, emerge un quadro complesso. Facendo un paragone con le elezioni politiche del 2022 (sarebbe più adeguato confrontarle con le regionali del 2019 ma politicamente è passata un’era), la coalizione di centrosinistra e Movimento 5 Stelle, insieme a Rifondazione Comunista, ha ottenuto il 43,3% dei voti. Nel 2022 gli stessi partiti insieme raggiunsero il 48,2%. Il campo largo non si allarga.

Tuttavia, il dato più significativo è la sconfitta del centrodestra. Nonostante la coalizione abbia raccolto il 48,8% dei voti, il candidato di Fratelli d’Italia, il sindaco di Cagliari Truzzu, si è fermato al 45%. Questo potrebbe essere un campanello d’allarme per il governo e per Giorgia Meloni, poiché indica una possibile perdita di consenso verso il centrodestra, con alcuni elettori delusi che hanno preferito le varie liste civiche, tendenzialmente più moderate.

È chiaro che una fetta importante degli elettori che hanno scisso il voto potrebbe aver manifestato una mancanza di fiducia nel candidato di FdI o nella sua linea politica, considerata forse troppo estrema. Questo è evidenziato anche dal calo significativo delle liste locali di FdI, passando dal 23,6% del 2022 al 13,6% di oggi.

La presidente del Consiglio si trova di fronte a un dilemma. Sebbene per ora la situazione sembri favorevole, non può ignorare il fatto che una parte significativa dell’elettorato della sua coalizione è moderata. Gli elettori di Forza Italia, ad esempio, potrebbero non essere completamente scomparsi, ma potrebbero aver semplicemente cambiato schieramento verso la Lega di Salvini o Fratelli d’Italia.

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I presidenti di regione del centrodestra, da Cirio a Fontana, sono generalmente considerati moderati che rassicurano l’elettorato centrista. Quindi, se la presidente Meloni continua su una linea moderata, potrebbe limitare i danni della débâcle sarda. Tuttavia, se opta per una politica più estrema, rischia di alienare l’elettorato moderato e mettere a rischio il suo stesso sostegno.

In questo contesto, potrebbe emergere la necessità di una forza politica centrista e liberale, capace di parlare alle fasce produttive del paese e di accogliere gli scontenti che non si identificano con le posizioni estreme. Tuttavia, al momento, la situazione è piuttosto grigia, con i tre partiti dell’area divisi anche al loro interno.

In conclusione, se si vuole costruire un’alternativa credibile e rilevante, sarà necessario superare personalismi e divisioni interne per creare un soggetto politico unitario con un chiaro messaggio e una visione ben definita, fondata su valori di europeismo, atlantismo e libertà economiche, politiche e civili.