Via dal centrodestra, perché troppo populista. Paolo Damilano, imprenditore delle acque minerali, sei mesi dopo aver tentato di diventare sindaco di Torino con una coalizione di centrodestra, se ne va. Perché la “deriva populista e la profonda crisi di identità politica e di leasdership” di Matteo Salvini “minano la credibilità” del centrodestra.
Insomma, per il capo del Corroccio, andatosi a schiantare direttamente sul Cremlino per l’iniziativa, autonoma e segreta, del suo viaggio a Mosca, che imbarazza sia la Lega stessa che il governo italiano, piove sul bagnato. E apre all’interno del centrodestra l’ennesima discussione sulla linea filorussa intrapresa prima da Salvini e poi, al netto delle poco credibili correzioni di tiro, di Berlusconi. Mentre Giorgia Meloni se la ride e vola nei sondaggi.
Damilano, si sa, è un uomo di Giancarlo Giorgetti, l’uomo di governo della Lega che ne aveva sostenuto la candidatura e che oggi è tra i primi critici di Salvini. E questa sua presa di distanza potrebbe essere interpretata come la presa di distanza dello stesso ministro dal Kapitano, ormai isolato e in caduta libera nel consenso. Ma il ragionamento è più ampio, sullo sfondo ci sono le Politiche del 2023 e le Regionali in Piemonte, dove Damilano potrebbe tornare in corsa, su sponda giorgettiana e con un campo largo a sostenerlo che va da Brugnaro a Calenda, passando per Bucci e Toti. Quel che è certo è che la Lega di Salvini è allo sbando totale, con un leader senza più leadership né consenso.