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La Lega dei lunghi coltelli, tutti contro tutti

Ormai nella Lega siamo al moto carbonaro, come quelli che a meta ‘800 sconvolsero il Lombardo – Veneto governato dall’impero austroungarico di Francesco Giuseppe. Per il momento la sommossa è stata solo rimandata, ma l’aria è pesante e la base scalpita. Massimiliano Fedriga, Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia lo sanno bene che il partito non segue più il Kapitano Matteo Salvini: del segretario i leghisti non ne possono più, soprattutto perché la sua linea sta portando il Corroccio alla rovina e la disfatta elettorale – con la Meloni che gli ha portato via migliaia di voti al nord – lo dimostra. Tuttavia ancora Giorgetti e company non hanno messo in atto quel piano che da tempo la Lega anti Matteo ha in mente: chiedere un congresso straordinario (quello ordinario Salvino lo ha bloccato perché vuole essere lui a decidere le candidature del 2023) per cambiare il nome del partito da Lega per Salvini a Lega.

Un passaggio che dà il conto della polveriera che è diventato il fu partito del nord. “Attendavamo tutti il segnale, eravamo pronti — confida però uno dei leghisti carbonari al Corriere della Sera — poi c’è stato lo stop: in questo momento era e rimane troppo importante garantire la ricandidatura di Attilio Fontana”. Tuttavia il governatore della Lombardia è incalzato dalla forzista Letizia Moratti, e la battaglia per il Pirellone non sarà senza spargimenti di sangue. Lo sanno i “congiurati” e lo sa Matteo, impegnato su più fronti a tenere a bada i dissidenti. Al punto di tentare la carta della mediazione con l’offerta ai dissidenti di un ufficio politico che coordini l’attività della Lega da qui alle elezioni, Regionali e Politiche, di primavera. “La malattia esiste e il leader non può più fare finta di nulla – afferma un altro leghista carbonaro, riferendosi alle candidature che dovranno fare i conti con il taglio dei parlamentari -, ora dobbiamo fare pulizia delle mezze figure, è finito il momento degli amici al bar, servono merito e competenza”. Ma la fiducia in Salvini è ai minimi termini e la ricerca dello spirito della Lega della prima ora sta tornando prepotentemente di moda. “L’autonomia è la ragione fondante della Lega, non la vogliono quelli che preferiscono chiudersi nei palazzi romani e dimenticare da dove vengono” scriveva tre giorni fa sui social il deputato Paolo Grimoldi. Basterà Pontida a evitare la sommossa?