Il centrodestra non esiste più. Se mai ce ne fosse bisogno, oggi lo certifica anche Gianfranco Rotondi, segretario della DC ed ex ministro di Berlusconi. “Covid e guerra lo hanno archiviato come ‘nueva mayoria’, avrebbe detto Aznar, che vinse le sue prime elezioni spagnole sventolando i sondaggi che lo davano prevalente – scrive Rotondi, che prima si dilunga anche in una polemica con Casini -. Prima della pandemia il centrodestra italiano era la maggioranza virtuale, nei sondaggi e nelle previsioni di palazzo. Numericamente lo è ancora. Ma non è una coalizione, e non solo per la circostanza, già imbarazzante, di trovarsi metà al governo e metà all’opposizione. Il centrodestra non è una coalizione perché non ha un programma che non sia il riflesso condizionato di qualche battaglia storica, come il no alla riforma del catasto. Persino sui referendum e sulla giustizia si registrano cento sfumature di grigio, figuriamoci su tutto il resto. Forse sarebbe il caso di verificare non tanto la facile unità del centrodestra alle elezioni amministrative, ma la difficile risposta alla domanda se esso sia ancora pensabile come una coalizione, e chi possa credibilmente guidarla”.
Per Rotondi l’assenza di una leadership forte e riconosciuta è uno degli elementi di disgregazione del centrodestra che fu. “Paradossalmente la competizione interna al centrodestra potrebbe reggere solo con una legge elettorale proporzionale che rinviasse le alleanze a dopo le elezioni – propone -, con una legge maggioritaria i cittadini esigono infatti di sapere prima del voto quale è il programma della coalizione, e a chi sarà affidata la sua gestione di governo. E poi le due finte coalizioni giocano una partita elettorale più finta di loro: si scontrano per dividersi i seggi, ben sapendo che questa legge elettorale non assegnerà la vittoria a nessuna delle due, e dunque si imporrà un nuovo governo di coalizione delle mezze ali”.
Infine, la guerra di Putin per Rotondi ha distrutto il centrodestra definitivamente. “La guerra è entrata poi come una lama affilata nelle carni flaccide del centrodestra: il putinismo passato di una parte della coalizione è arrivato come un conto salato e inevitabile – conclude -. Meloni ha assunto una linea atlantista e filo-occidentale, senza se e senza ma, un po’ come è nello stile della leader della destra. Il resto della coalizione come pensa di rapportarsi a questa leader che allo stato è prima nei sondaggi? Non può più considerarla una parente scomoda, o un’alleata elettorale necessaria, anche perché non è affatto detto che lei rimarrà tale alle prossime elezioni”.