A dispetto dei risultati dei referendum del 12 giugno scorso, bocciati dagli elettori, il centrodestra ripropone gli stessi temi: separazione delle carriere di giudice e pm, responsabilità civile diretta dei giudici, inappellabilità delle sentenze, “bavaglio” a pm e giornalisti. Ma anche stretta sulla custodia cautelare e ritorno alla prescrizione della ex Cirielli.
Il centrodestra punta a ribaltare le riforme della Guardasigilli Marta Cartabia, frutto di un compromesso per consentire un’intesa tra tutti, mantenendosi però nel perimetro della Costituzione. Ma la posta in gioca è alta: i fondi del Pnnr, perché la riforma è proprio una delle richieste precisi di Bruxelles legate alla loro concessione.
Silvio Berlusconi, scrive oggi Liliana Milella su Repubblica, è nostalgico delle riforme tentate dai suoi governi nel 2001-2006 e ancora nel 2008-2011. Lega e FdI lo seguono tentando di cambiare la Carta. Fanno argine Pd e M5S. E le riforme Cartabia? L’intenzione è di sgretolarle, anche se in Parlamento, a denti stretti, Lega e Fi le hanno votate. Contro solo FdI. Nessuno dimentica i durissimi affondi da avvocato della responsabile Giustizia della Lega Giulia Bongiorno. Può salvarle la paura di perdere i fondi del Pnrr che salterebbero se i progetti garantiti dall’Italia fossero stravolti. È un fatto che Didier Reynders, il commissario europeo per la Giustizia, ha elogiato via tweet le riforme della ministra. Un loro stravolgimento creerebbe un problema serio con l’Europa. Separare i giudici dai pubblici ministeri. Due concorsi, due carriere, due Csm. Nessun passaggio da una funzione all’altra. È l’obiettivo che unisce tutto il centrodestra, Forza Italia, Lega, FdI. Lo teorizzano, da sempre, Berlusconi con la battuta che “il pm non deve andare dal giudice col cappello in mano”. Si batte il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto che, come tutti gli avvocati, considera la separazione “il” traguardo. Ne è convinta Giulia Bongiorno, avvocato anche lei, e responsabile Giustizia della Lega. Nonché legale dello stesso Matteo Salvini. Ma lo vogliono pure Azione con Enrico Costa e Italia viva. I programmi riprendono il progetto delle Camere penali che, con Giandomenico Caiazza, ha presentato anche un legge di iniziativa popolare che ha visto pure il consenso di esponenti del Pd.
Ritorno alla legge Pecorella: ricorso “impedito” ai pm
Fu uno smacco, il 24 gennaio del 2007, quando la Corte costituzionale bocciò, “senza appello”, la legge Pecorella, che giusto un anno prima (era il 20 gennaio), per mano del presidente della commissione Giustizia della Camera, nonché notissimo avvocato, Gaetano Pecorella, esponente di punta di Forza Italia, aveva stabilito che le sentenze di assoluzione fossero ricopribili solo in Cassazione. Un “colpo di spugna” sul processo di appello. Giusto quello che adesso chiede di nuovo tutto il centrodestra. La Consulta fu netta, e a firmare la sentenza fu l’ex ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick, divenuto poi presidente della stessa Corte. Bocciatura difficile da superare, perché stabilì che vietare l’appello va contro il principio di uguaglianza in quanto al pm viene negato quello che è consentito al condannato.
Responsabilità civile dei giudici: chi sbaglia paga di tasca sua
È il tema che tiene banco dal 1987, quando il referendum proposto dai Radicali di Marco Pannella passò con l’80,21% dei sì. Ma, lamenta chi vuole la responsabilità civile “diretta“ dei giudici, quel risultato fu «violato e violentato» dalla legge di Giuliano Vassalli – ex Guardasigilli e padre del codice di procedura penale – dell’anno dopo che fissò il principio della responsabilità “indiretta”, paga lo Stato per conto del giudice. Principio confermato dalla legge Renzi-Orlando del 2014. Lega e Radicali hanno tentato l’assalto coi referendum, ma la Consulta di Giuliano Amato li ha fermati. Referendum inammissibile. Adesso ci risiamo. Anche qui tutto il centrodestra unito per chiedere che sia il magistrato che sbaglia a pagare. Enrico Costa di Azione tuitta sui pochissimi casi di toghe condannate dal 2014 a oggi.
Bavaglio alla stampa: stop ai contatti con i giudici
Le inchieste giudiziarie devono finire nel cono d’ombra del silenzio giornalistico. Nessuna notizia dai magistrati alla stampa, no ai titoli ad effetto. Atti del tutto segreti. Procure in cui il procuratore detiene un potere “assoluto”. Pm imbavagliati, giornalisti fuori dai corridoi delle procure. Forze dell’ordine costrette a rendere conto al procuratore di ogni loro contatto con la stampa. Atti segreti, ovviamente comprese le “odiate” intercettazioni. Tutto il centrodestra è d’accordo, all’insegna della “buona fama” dell’imputato, com’è scritto nel programma comune. L’obiettivo di Fi, Lega, FdI, nonché Azione e Iv, è “spegnere” la cronaca giudiziaria, condannando le inchieste al totale silenzio fino al processo. Come apripista viene citata e utilizzata la legge sulla presunzione d’innocenza fatta approvare da Cartabia.